«Sport, tanti abbandoni di adolescenti e amatori Crollate le visite mediche»
Crepaz (Coni): «Investire sulle attività all’aperto»
Paolo Crepaz, presidente dei medici sportivi del Trentino e vicepresidente provinciale del Coni, secondo gli ultimi dati Ispat i trentini si riconfermano molto sportivi con il 33,7% delle persone al di sopra dei 3 anni che fa sport in modo continuativo. Se dovesse arrivare una seconda chiusura, quali sono i suoi consigli per gli sportivi?
«Rispetto ad altre realtà, dobbiamo renderci conto che in Trentino abbiamo una ricchezza e una potenzialità che ci invidiano ovvero l’opportunità di fare sport all’aria aperta. Le restrizioni ci colpiscono di meno. La cosa triste di questo momento è l’impossibilità
per i bambini e per le giovani generazioni di fare attività sportiva insieme. Per quanto riguarda quella fetta di adulti che fa attività all’aperto sono assolutamente avvantaggiati e gli consiglio di sfruttare questo vantaggio per il loro benessere. La pratica motoria sportiva è un bene prezioso che non ha alternative. Per alcune categorie di sportivi questo è un momento per curare la propria carriera dal punto di vista psicologico o dell’alimentazione. Per i più piccoli non c’è alternativa, bisogna farli muovere ma si perde l’aspetto della socialità. Non mi sento di dire di mettersi davanti alla tv e fare le flessioni, i media possono essere un surrogato per chi deve stare a casa e possono essere un’alternativa alle palestre e alle piscine. Tanti hanno fatto così ma questo non si può applicare alle giovani generazioni».
Se potesse dare delle raccomandazioni ai legislatori per il prossimo futuro, quali sarebbero?
«Io vorrei spendere una parola di rassicurazione per le famiglie dicendo di fidarsi della comunicazione ufficiale che la scienza medica sta dando in Italia. Il comitato tecnico scientifico in Italia è un’autorità e ci troviamo di fronte a una situazione piena di sfumature ed eccezioni, molto non risulta comprensibile e ci sono delle disparità evidenti nel mondo sportivo giovanile. È difficile mettere sullo stesso piano arti marziali, pallavolo e calcio, qualunque scelta fatta dal governo e dal comitato scientifico ha un margine di discutibilità, dobbiamo avere pazienza, fidarci e assumere quei comportamenti che siamo invitati ad assumere. Sappiamo come si diffonde il virus e quello che ognuno può fare per rallentarlo, se si rispettano i comportamenti per evitare la trasmissione da persona a persona siamo sulla strada giusta per tornare a fare sport».
Questi nuovi lockdown regionali che effetti avranno sugli atleti?
«Nel fare le visite medicosportive che abbiamo ripreso a giugno, ho riscontrato una percentuale consistente di abbandono della pratica sportiva da parte degli adolescenti e degli amatori. Normalmente ci si iscrive a settembre per iniziare la pratica del nuovo anno e c’è stata un’evidente riduzione degli adolescenti che fanno sport. Si sono ridotte le visite e quindi i praticanti. Può aiutare il fatto che non ci sono gare all’orizzonte ma comunque è una brutta notizia. Per i giovani soprattutto non è una bella cosa per il valore fisico e relazionale della pratica sportiva che va perso. Per i dilettanti adulti poi, dal punto di vista fisico è deleterio».
Eliminare la pratica sportiva con un eventuale lockdown quindi, è pericoloso per la salute?
«Io ritengo che l’attività fisica sia un bene primario ma tutti dobbiamo fare i conti con quello che si può fare. Non è un optional e a seconda dell’età i vantaggi sono diversi. Per i giovani è un bene fisico, psicologico e relazionale mentre per gli adulti è soprattutto fisico. Senza l’attività sportiva non si combatte l’aumento del peso, l’artrosi e le malattie cardiovascolari della seconda e della terza età che non vanno mai sottovalutate».