Due spade e Orso grigio si fermano «Pochi clienti»
Categorie del commercio soddisfatte. Ma i sindacati attaccano «Questi non sono servizi essenziali, la Provincia ha sbagliato»
In teoria potrebbero tenere aperto fino alle 18, ma nei fatti è difficile sostenere le spese. E così dalla prossima settimana diversi ristoranti della città saranno costretti ad abbassare le serrande, continuando solo con l’asporto e la consegna a domicilio.
Piffer Aprire più giorni serve a diluire le presenze in strada. Pensiamo anche a creare fasce orarie ad hoc per anziani
Simoni Per questioni organizzative domenica alcuni punti vendita rimarranno chiusi Occorre tempo
Nel giro di poco più di un mese hanno riaperto (con la sospensione della legge «Failoni»), poi hanno richiuso (con l’ordinanza anti Covid del governatore Fugatti) e adesso — buona parte delle circa 8.400 attività di commercio — torneranno ad alzare le serrande la domenica e nei giorni festivi. «Siamo felici di sapere che la giunta provinciale abbia deciso di adeguarsi all’ultimo Dpcm nazionale: c’è finalmente quell’uniformità di lettura che ci consente di pianificare il lavoro», esclama il direttore di Confesercenti Trento, Aldi Cekrezi. Parole condivise anche dai rappresentanti di Confcommercio e Sait, ma non dai sindacati. «Il commercio e la vendita al dettaglio non sono servizi essenziali, quindi non c’è nessuna necessità di tenere aperto sempre», scrivono unitariamente le tre sigle di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs.
Il pomo della discordia ruota attorno all’effetto delle aperture domenicali sul flusso di clienti. Se per i commercianti restare aperti 7 giorni su 7 vuol dire evitare inutili assembramenti nel finesettimana, per i sindacati significa invece «non andare incontro alle esigenze dei lavoratori che già dal lunedì al sabato, soprattutto nei supermercati, devono fronteggiare situazioni anche al limite delle norme». «Per rallentare la curva dei contagi dobbiamo ridurre il monte ore della gente che sta in strada — sostiene dal canto suo Massimo Piffer, viordinanza cepresidente di Confcommercio del Trentino e presidente dell’Associazione dei commercianti al dettaglio — e per farlo i negozi devono rimanere aperti in tanti e tutti i giorni». Ma non solo, Piffer suggerisce anche una differenziazione per fasce d’età: «Facciamo in modo che i lavoratori e le persone più giovani possono andare nei negozi nelle ore di lavoro, mentre le persone in pensione nelle altre fasce orarie. È brutto da dirsi, ma salvaguarderebbe la vita del Paese».
I sindacati, che avrebbero voluto «un po’ di coerenza dal presidente Fugatti», denunciano però una situazione al limite in certe occasioni. «Sono diversi i clienti, purtroppo, che non rispettano il distanziamento o che usano in modo scorretto la mascherina e il personale dei punti vendita deve continuare a svolgere anche un compito di controllo, non sempre facile — sottolineano Filcams, Fisascat e Uiltucs — Bastava mantenere quanto previsto dall’ultima con la chiusura di tutti i punti vendita la domenica». Questa volta, invece, il governatore Fugatti ha deciso di seguire le disposizioni nazionali, vietando solamente gli acquisti nei centri commerciali nei giorni festivi e pre-festivi.
Sul fronte della chiusura dei centri commerciali Massimo Piffer fa un’ulteriore annotazione. «Per dilatare il flusso di persone, a questo punto, si potevano lasciare aperti anche i centri commerciali». Su questo punto è invece più cauto il direttore di Confesercenti. «È vero che rimane escluso il commercio nei centri commerciali, ma lo spirito della norma è di evitare gli assembramenti — spiega Cekrezi — Mi auguro che i cosiddetti decreti Ristoro aiutino le imprese nella giusta misura e in maniera veloce». Tra il Bren Center e il Top center di Trento e lo Shop center di Pergine Valsugana, «su quasi 172 attività soltanto 10 potranno essere aperte», puntualizza Cekrezi.
Oltretutto l’alternarsi delle disposizioni non ha di certo aiutato negli ultimi tempi. Dopo lo stop pronunciato dal Tar e la nuova delibera della giunta provinciale che ha sospeso la legge «Failoni», agli inizi di ottobre i negozi erano tornati ad aprire la domenica a prescindere dalla localizzazione turistica o meno, ma poi alla fine del mese — in base a un’ordinanza provinciale — erano stati costretti ad abbassare di nuovo le serrande per «non alimentare occasioni di assembramento». Ed ora invece varrà il Dpcm nazionale. «Queste ordinanze creano uno sconcerto e una difficoltà organizzativa perché rende difficile programmare l’attività — considera Roberto Simoni, presidente di Federcoop e del Consorzio Sait – Per questioni organizzative domenica alcuni punti vendita rimarranno chiusi». Valuta positivamente però la scelta di adeguarsi alle disposizioni nazionali, anche «perché abbiamo rilevato una lieve modifica dell’acquisto — aggiunge Simoni — un leggero aumento delle vendite che ricorda il fenomeno delle spese abbondanti della primavera».