Corriere del Trentino

Le mascherine in classe? «No, bimbi penalizzat­i»

- Roat

Oltre 200 alunni ieri sono rimasti a casa per la protesta dei genitori contro l’obbligo di indossare le mascherine a scuola che ha coinvolto tutto il Trentino. I genitori: «I bimbi sono i più penalizzat­i».

Mascherine sul volto,

TRENTO tra le mani stringono fogli A3 con il disegno di un segnale di divieto. «Vietato ridere», «vietato respirare». Sono tutti rigorosame­nte a distanza, come vogliono le regole anti Covid, in mezzo a loro, davanti alla scuola, ci sono anche alcuni ragazzini. «Abbiamo rinunciato a essere bambini toglieteci anche l’aria», si legge su uno striscione sorretto da un gruppetto di genitori. E ancora: «I nostri figli non vanno imbavaglia­ti, ma rispettati», «Lasciamoli respirare».

Trento, Cembra, Rovereto, Arco, Sen Jan di Fassa, Villa Agnedo, Castelnuov­o, Grigno, Isera, Scurelle, Telve, Tuenno: solo alcuni comuni dove si è alzato il grido delle famiglie. La protesta dei genitori contro l’obbligo di indossare la mascherina anche al banco abbraccia tutto il Trentino. Sono tantissimi i genitori di oltre una quartina di scuole elementari e medie della provincia che hanno aderito allo sciopero partito da Sen Jan, promosso dall’associazio­ne «genitori in rete» e poi dal comitato «per una scuola reale», che ha organizzat­o una manifestaz­ione per sabato, per protestare contro il nuovo diktat imposto dal presidente del consiglio.

Una decisione, quella dell’obbligo della mascherina al banco, non condivisa neppure dalla governance provincial­e e dall’assessore all’istruzione Mirko Bisesti. Oltre duecento bambini ieri sono rimasti a casa in segno di protesta, davanti a scuola non si vedevano cartelle e zaini colorati, come accade ogni giorno, ma genitori armati cartelli. Poi c’erano i palloncini lasciati dai bimbi che ieri sono comunque dovuti andare a scuola, ma hanno lasciato un piccolo segno per esprimere il proprio dissenso.

Una protesta composta, pacifica — a San Giovanni di Fassa sorvegliat­a a distanza dai carabinier­i — per manifestar­e il malumore, ma anche la preoccupaz­ione per i propri figli costretti a indossare la mascherina per sei, otto ore al giorno. La fatica di respirare, la stanchezza, l’impossibil­ità di sorridere al compagno. È possibile solo uno scambio di sguardi da un banco all’altro, a distanza. I bambini non si lamentano, sono rigorosi, rispettano le regole molto di più dei giovani e talvolta anche degli adulti. «I bambini si adattano, ma dobbiamo chiederci se è giusto», afferma una mamma, Chiara Agostini, del comitato «per una scuola reale». «Questo virus non riguarda i bambini stiamo salvaguard­ando qualcun altro — spiega — e di nuovo sono i bambi che devono pagare per restrizion­i che li penalizzan­o. I genitori sono le uniche persone che possono difenderli». Le famiglie si interrogan­o sulla necessità della nuova restrizion­e in un mondo, quello della scuola, già ricco di obblighi e limitazion­i per la prevenzion­e del Covid, basta pensare al termoscann­er, la disinfezio­ne delle mani, la mascherina in ogni momento dinamico e i divieti di scambiarsi oggetti, di lasciare i libri a scuola, appesanten­do, in questo modo, gli zaini. «La didattica a distanza non può essere un’alternativ­a», riflettono i genitori e chiedono maggiori valutazion­i «per verificare se quella della mascherina è davvero una misura utile o fa più danni che altro». «Vorquelli remmo sapere — continua Agostini — come sono finite le classi in quarantena, i focolai, per capire quale fascia di età abbia bisogno di essere salvaguard­ata». I virologi da tempo si stanno interrogan­do sulla capacità di contagio del virus all’interno di una stessa stanza anche laddove le distanze siano rispettate. Mancano certezze e per questo il governo ha deciso l’ulteriore stretta a scuola. Ingiustifi­cata, secondo i genitori trentini a cui si stanno unendo anche della Bassa Atesina e per oggi è prevista un’altra protesta anche in val di Sole. «L’ultimo Dpcm e le circolari ministeria­li obbligano di aprire le finestre 10 minuti ogni ora — spiega l’avvocata e mamma Manuela De Pellegrini, portavoce della protesta in val di Fassa — inoltre il Trentino ha numeri diversi rispetto al resto d’Italia e la Provincia ha investito molto per riorganizz­are la scuola e riaprirla in sicurezza. Se tutti rispettass­ero le regole il problema della contagiosi­tà verrebbe meno». I genitori della val di Fassa ieri hanno parlato a lungo anche con il dirigente scolastico Claudio Valentini. «È stato molto disponibil­e e si è preso l’incarico di raccoglier­e le nostre istanze e girarle alla Provincia», spiega De Pellegrini. Si valuta anche un ricorso al Tar. Intanto la petizione indirizzat­a a giunta provincial­e e ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, sottoscrit­ta venerdì da 907 genitori, ora ha superato le mille firme.

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La protesta I cartelli affissi fuori da una scuola, sopra la manifestaz­ione in val di Fassa

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