Scuola, lo spettro dell’abbandono «Un rischio reale»
La sovrintendente: «Fase di grande incertezza» Ceschi: la didattica solo online porta a esclusione
Sono duecento all’anno i ragazzi che abbandonano la scuola. Un numero che ora rischia di salire a causa della didattica a distanza nella scuola superiore.
TRENTO In Trentino sono in media 200 all’anno. Duecento ragazzi e ragazze che scompaiono in un buco nero, facendo perdere le proprie tracce al sistema scolastico senza che nessuno sia in grado di dire che fine abbiano fatto, complici anche i regolamenti sulla privacy che impediscono alle istituzioni di parlarsi. Il fenomeno della dispersione scolastica è presente in Trentino, pur con numeri inferiori alla media nazionale che secondo i dati Eurostat 2019 in Italia è del 14,5% della popolazione scolastica.
Numeri importanti che rischiano di salire a causa della chiusura delle scuole superiori e dell’applicazione della Didattica a distanza, scelte che mettono in seria difficoltà proprio le fasce più deboli della popolazione studentesca. Il problema didattico e sociologico è di grave e urgente rilievo, ma al momento mancano i dati. «Per il momento non abbiamo registrato aumenti nella dispersione scolastica relativamente alla chiusura dell’anno scorso — spiega Viviana Sbardella, sovrintendete scolastico del Dipartimento istruzione e cultura — Ma non sappiamo cosa succederà ora, soprattutto nell’incertezza di quanto durerà questa nuova chiusura delle scuole».
Al banco degli imputati sale la didattica a distanza, unico metodo a disposizione per raggiungere gli studenti a casa ma al tempo stesso responsabile di acuire le disuguaglianze sociali sulla base di disuguaglianze digitali.
«La didattica esclusivamente online porterà senza dubbio all’esclusione delle fasce già svantaggiate sia in termini organizzativi sia per quanto riguarda gli aspetti più personali — ammonisce Giovanni Ceschi, presidente del Consiglio del Sistema Educativo Provinciale — È impensabile che chi ha un collegamento poco funzionale, insufficiente a reggere cinque ore di connessione senza interruzione, riesca a seguire le lezioni. Senza parlare di chi viene da famiglie che economicamente non possono permettersi i dispositivi e le infrastrutture tecnologiche necessarie. Basti pensare che anche nelle scuole ci sono situazioni di risorse limitate: il Prati, liceo centrale della città di Trento, era del tutto impreparato a gestire questo flusso di dati».
L’attenzione della scuola e, conseguentemente, della politica, dovrebbe inoltre rivolgersi alle situazioni più difficili: «Con la didattica a distanza i ragazzi con bisogni educativi speciali o disturbi specifici dell’apprendimento sono lasciati indietro. Gli studenti con più difficoltà sono anche quelli che subiranno i danni maggiori».
Un timore condiviso anche dal presidente dell’Associazione Presidi Paolo Pendenza: «I più vulnerabili verranno lasciati ancora più indietro. Gli studenti “dispersi”, senza strumenti digitali o concretamente a rischio necessitano di piani educativi individualizzati, realizzati anche in sinergia con gli altri attori della comunità educante esterni all’istituzione scolastica. Il rischio è altrimenti che spengano il computer e non lo riaccendano mai più».
In Trentino poco più della metà delle scuole è collegata con la banda larga, e le difficoltà per portare internet in alcuni dei comuni più remoti della provincia sono notevoli, ammette l’assessore provinciale all’istruzione Mirko Bisesti: «Questo aspetto morfologico è stato uno dei motivi per i quali abbiamo sempre ribadito che la didattica in presenza è particolarmente importante per il nostro territorio. Supportati dai dati dei contagi del nostro territorio abbiamo chiesto al Ministero il permesso di riaprire le scuole superiori. La risposta arriverà la settimana prossima».
Nel frattempo in tutto il Trentino continuano le proteste dei genitori, divisi tra il desiderio di assicurare la scuola in presenza ai propri figli e una evidente e diffusa insofferenza all’obbligo di indossare la mascherina anche in classe.
Pendenza (presidi) I più vulnerabili verranno lasciati ancora più indietro Gli studenti “dispersi”, senza strumenti digitali necessitano di piani educativi individualizzati