L’ospedale diffuso raccoglie il plauso dei sindaci periferici
Critici Pd e sindacati: «Mossa per fini elettoralistici»
Divide l’idea della giunta provinciale di passare a un modello di ospedale diffuso in Trentino. Se i sindaci dei comuni dove esiste un ospedale periferico si mostrano interessati e attendono maggiori dettagli dall’esecutivo, dai sindacati arriva un secco no: «Mossa elettorale». E critico è anche il Pd.
Le dichiarazioni vengono accompagnate da una buona dose di prudenza. «Prima vorrei leggere bene i contenuti di questa riforma» ammette qualcuno. Ma un aspetto è evidente fin da subito: la prospettiva, tracciata dal governatore Maurizio Fugatti nella collegata alla finanziaria, di andare verso una «rete ospedaliera diffusa», superando il modello hub and
spoke, in queste ore ha catturato l’attenzione dei sindaci, in particolare di quelli che, sul loro territorio, hanno un ospedale «periferico». Strutture che, nei piani della giunta, nel nuovo assetto dovrebbero assumere maggiore rilievo, diventando punto di riferimento per malati cronici e anziani. Con un altro ritorno al passato: la ricostituzione dei distretti sanitari. Ma Pd e sindacati non ci stanno.
I Comuni
«Per quanto ci riguarda — osserva Enrico Galvan, sindaco di Borgo Valsugana — siamo a favore di una rete sanitaria diffusa. La qualificazione di un ospedale passa anche dalla valorizzazione della sua identità, che va oltre l’essere un mero presidio a servizio di strutture centralizzate». Ma per fare di un ospedale periferico un punto di riferimento, prosegue il primo cittadino, è necessario lavorare su due aspetti: «Come sindaci della Bassa
Valsugana ci siamo espressi apertamente affinché il nostro ospedale mantenga i servizi che ci sono oggi, implementando il personale che in questa fase non sempre è stato sostituito. Non possiamo avere una scatola senza servizi». Inizia la sua riflessione mostrando cautela invece il sindaco di Cavalese Sergio Finato. «A me le riforme non fanno paura, ma prima di dare un giudizio vorrei approfondirla» premette il primo cittadino. Che sulla filosofia del testo però si mostra d’accordo: «L’emergenza Covid ci ha mostrato gli effetti positivi della medicina di prossimità». Soprattutto per gli anziani, «che saranno sempre di più». Finato guarda in particolare al «modello del nord Europa» e collega la riforma al nuovo ospedale di Fiemme, «che dovrà avere un orizzonte temporale di almeno 20-30 anni». Ancora più prudente Alessandro Betta, sindaco di Arco. Che precisa subito di «non voler fare polemica con nessuno». Ma osserva: «Le parole sono belle. Per ora però manca la sostanza. Sono anni che si va avanti a spot: manca una visione globale. Una rivoluzione? Per ora non la vedo. La vedrò quando ci sarà un sistema che funziona». Betta inserisce il suo ragionamento nel momento attuale: «Vedo gli ospedali in crisi. Non so se la rete diffusa possa essere una soluzione. Credo sia importante che ci sia un sistema centrale di qualità e ospedali sul territorio che funzionano bene». Con una precisazione: «Gli ospedali periferici non devono diventare doppioni senza qualità. Sarebbe inaccettabile». Ora dunque il sindaco di Arco aspetta maggiori informazioni: «Di pancia l’annuncio mi piace. Ma cosa significa in concreto? Che ci sarà di tutto e di più in tutti gli ospedali? Che ci sarà il punto nascita ad Arco? Onestamente oggi preferirei una terapia intensiva, che serve a tutti». Netto Paolo Zanella (Futura), assessore del capoluogo: «Invece di fare guidare le decisioni sanitarie da principi di appropriatezza, sostenibilità, qualità e accessibilità delle cure, si governa pensando al tornaconto elettorale». E aggiunge: «L’ospedale diffuso è un modello insicuro, insostenibile, inappropriato. Garantire (sulla carta) servizi per acuti di prossimità è solo una manovra elettoralistica che parla alla pancia delle persone, invece di accompagnarle a capire il senso della distribuzione delle cure per intensità su un territorio particolare come il nostro».
Pd e sindacati
Parlano di «fini elettoralistici» anche i sindacati. «Anzitutto è chiaro che manca un vero piano, visto che si parla esplicitamente di un compito riservato al prossimo direttore. Questo chiarisce che si tratta, più che di un progetto di tutela della salute, del chiaro intento di catalizzare simpatie in alcuni territori» osservano Luigi Disapro, Gianna Colle e Marco Cont (Fp Cgil). Che attaccano: «L’ospedale diffuso, se non è ben organizzato, potrebbe portare dispersione di risorse e rischi per la salute pubblica». E così il Pd: «Questa decisione — sottolinea la capogruppo Sara Ferrari — rischia di portare a un abbassamento rilevante della qualità della sanità trentina. Una scelta di grande portata, che andrebbe affrontata con una proposta di legge organica, con un’analisi completa dei pro e dei contro dei diversi modelli, con il coinvolgimento di tutti gli operatori e le professioni del sistema sanitario. Se si vuole garantire la qualità dei servizi, a tutti i cittadini trentini, non si possono riproporre modelli vecchi di 40 anni, in un mondo completamente diverso».
I medici
Non si stupisce della scelta Marco Ioppi. «La giunta ha sempre sostenuto questa linea» dice il presidente dell’ordine dei medici. Che non vede grosse rivoluzioni. A meno che «non si pensi che gli ospedali periferici possano essere le fotocopie del Santa Chiara: sarebbe un errore». Ioppi non boccia il ritorno ai distretti: «Il modello centralista aveva creato qualche problema. E avere un responsabile sul territorio che affronta i problemi può essere un motivo di miglior funzionamento». Mentre sui servizi, se è necessario «garantire sul territorio le cure, soprattutto ai malati cronici», è evidente che «quando sopraggiunge una urgenza acuta un ospedale periferico deve poter dirottare il paziente nella struttura dove verrà curato meglio». Intanto, sempre sul fronte degli ospedali di valle, da domani l’attività dei punti nascita e dei reparti di ostetricia e ginecologia degli ospedali di Cavalese e Cles verrà sospesa per recuperare spazi preziosi da destinare all’emergenza Covid.
Paolo Zanella
«Sistema insicuro e inappropriato. Una manovra che parla alla pancia delle persone»
Marco Ioppi
«Sarebbe un errore pensare che le strutture di valle siano come il S. Chiara»