Corriere del Trentino

GLI OVER 70 E I VIROLOGI PROVETTI

- Di Luca Malossini

Prima scena: dialogo in fila davanti alla farmacia in una mattina rigida di novembre, in piena pandemia. Due anziane (pardon, over 70, secondo i Dcpm) commentano la raccomanda­zione di fare la spesa tra le 8 e le 10. L’amica 1: «Tai sentì algèri en television: i vol mandarne a far la spesa sul prest, co sto fret». L’amica 2: «I vol tirarne zo dale spese, cara mia. Me despias per el Fugatti, mi vago col calt». Seconda scena: piazzale antistante l’ospedale Santa Chiara. Un gruppo di persone attende notizie dai «conviventi» e dai «congiunti» ricoverati al Pronto soccorso. Un giovane ha la mascherina sotto il naso. Un uomo ben vestito gli si avvicina: «Scusi, potrebbe sistemarsi meglio la mascherina? Se vogliamo abbassare l’indice Rt dobbiamo rispettare le regole». Silenzio tombale. La risposta del giovane è stato un rotondo e gutturale «ma vaffa...».

Sono due fotogrammi del Trentino al tempo del Covid: la categoria dei famosi over 70, i cosiddetti improdutti­vi secondo qualche gaffeur, diventati una sorta di linea Maginot superata la quale c’è il baratro. E quella, assai pericolosa, dei virologi de «noaltri». Siamo stati, e lo siamo ancora, un popolo di commissari tecnici.

Adesso però abbiamo fatto un passo in più per vestire i panni degli scienziati discettand­o amabilment­e di indice Rt come stessimo snocciolan­do la formazione della nostra squadra del cuore. Insomma, in questo momento di alta conflittua­lità tra territori e governo, di grandi incertezze, di decisioni prese e poi revocate, di colori agognati e maledetti, ci sta tutto. Domani, ad esempio, la nostra provincia si sveglierà in zona gialla (rischio moderato), con tre sfumature di rosso intenso (lockdown totale nei Comuni di Castello Tesino, Baselga di Pinè, Bedollo) e con una nuova ordinanza restrittiv­a tendente all’arancione (livello intermedio di rischio). E poi c’era qualcuno che in passato protestava per il governo monocolore a guida Dc: si correva, vero, il rischio di morire democristi­ani, ma almeno non si avevano crisi identitari­e. La rivoluzion­e cromatica qualche scompenso lo ha portato, diciamolo.

Dopo nove mesi di pandemia e di duelli sulla gestione dell’emergenza sanitaria, nella maggioranz­a che sostiene il Conte bis, in molti sostengono l’urgenza di rivedere il «Titolo V»: la sezione della Costituzio­ne dedicata ai poteri e alle competenze di Regioni, Province e Comuni. La riforma del 2001 ha esteso in maniera decisiva i poteri delle Regioni, riscrivend­o radicalmen­te l’articolo 117 della Costituzio­ne. Ora però si vuole tornare indietro. Per il Trentino Alto Adige la questione meriterebb­e uno spazio ulteriore di approfondi­mento viste le peculiarit­à della nostra autonomia. Detto ciò, siamo proprio sicuri che, nel caos di queste complicate e tragiche giornate, la riforma del «Titolo V» sia veramente la panacea di tutti i mali? Siamo sicuri che riportare al centro della scena lo Stato sia la strada giusta? Ciò che oggi più conta per i cittadini è avere certezze, poter fare i tamponi in tempi ragionevol­i, ascoltare soprattutt­o una sola voce, non una miriade di ugole stridenti. Si avverte forte, allora, l’esigenza di uno Stato che fissa le regole, dentro le quali — in maniera collaborat­iva come suggerito anche da Mattarella — Regioni e Province autonome si muovono avendo un solo obiettivo: annientare il maledetto virus. Perché è questo il nemico pubblico numero uno. Probabilme­nte a qualcuno è sfuggito clamorosam­ente tale piccolo particolar­e.

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