I Comuni «Test rapidi, meglio conteggiarli»
Sui test antigenici i sindaci dicono: «Serve trasparenza» sintetizza Franco Ianeselli, primo cittadino di Trento. Sul tavolo il tema tanto dibattuto: l’opportunità o meno di calcolare nel numero giornaliero dei contagiati, oltre ai positivi al tampone molecolare, anche i positivi al tampone rapido antigenico.
TRENTO Le posizioni sono diversificate. Ma su un punto i sindaci sono (quasi) tutti d’accordo: «La trasparenza dei dati paga» sintetizza Franco Ianeselli, primo cittadino di
Trento. Sul tavolo, il tema è quello che in questi giorni sta animando le discussioni. Politiche, ma anche tra cittadini: vale a dire, l’opportunità o meno di calcolare nel numero giornaliero dei contagiati, oltre ai positivi al tampone molecolare, anche i positivi al test antigenico. «Sommarli sarebbe sbagliato» aveva obiettato lunedì il direttore del dipartimento prevenzione dell’Azienda sanitaria Antonio Ferro. Con il ministero della Salute che aveva annunciato l’intenzione di «armonizzare il calcolo per non falsare il quadro». Ma in questi giorni, i livelli si sono disallineati, con la Provincia che ha continuato a diffondere i contagi dei soli tamponi molecolari e molti sindaci che invece, attraverso i social, hanno iniziato a pubblicare i numeri sia dei molecolari che dei rapidi.
I sindaci
Come ha fatto Ianeselli a Trento. «Non si tratta di una comunicazione per creare panico. Ma sono convinto che sui dati non debba esserci il minimo dubbio da parte della comunità»
mette in chiaro il primo cittadino. Che non ha mai fatto mistero di aspettarsi la stessa logica anche dall’amministrazione provinciale. «Oggi — spiega — abbiamo una quantità enorme di positivi ai test rapidi, che potrebbero non essere conteggiati solo se
la conferma con il test molecolare avvenisse in 3-4 giorni. Ma così non è». Quindi, avverte Ianeselli, dovrebbero essere messi in conto fin da subito. «La comunicazione trasparente è obbligatoria». Anche perché, prosegue il sindaco, «il calcolo della soglia del 3% per i comuni che entrano in zona rossa viene effettuato tenendo conto di entrambi i fattori». Ci tiene a togliersi subito dalle polemiche Francesco Valduga. Che però arriva alla stessa conclusione: «Nessuno vuole nascondere i dati» premette il sindaco di Rovereto, che ricorda i problemi di attendibilità dei test rapidi sugli asintomaci. Ma osserva: «Questi test si sono diffusi tantissimo. E quindi ha senso dare tutti i dati: io faccio così». Pur ribadendo un punto fermo: «La priorità rimane il rispetto delle regole».
Ianeselli: «I numeri vanno comunicati» Gianmoena: «Non ne vedo il beneficio»
E ha sempre perseguito la trasparenza Roberto Oss Emer, sindaco di Pergine, i cui post su Facebook sono seguitissimi. «Continuerò così — assicura —. Anche se invito la gente comunque a stare attenta». Oss Emer sollecita i sindaci a muoversi «con una linea
comune» nelle informazioni, pur ammettendo che sull’attendibilità dei test rapidi qualche dubbio rimane. «C’è tanta confusione sui dati» dice invece Alessandro Betta, sindaco di Arco. Che spiega: «Ai miei cittadini fornisco i numeri nel modo più trasparente possibile. Ma è tutto relativo: oltre all’elenco dei positivi ai test molecolari e ai test rapidi, c’è anche la lista di chi è in isolamento fiduciario. Spesso sono persone positive che escono dai conteggi». La realtà, aggiunge Betta, «è che il virus è più diffuso di quanto si pensi». E quindi l’imperativo è uno solo: «La gente deve stare attenta e seguire le regole». Un imperativo che, secondo Paride Gianmoena, è la base del lavoro dei sindaci. «Il nostro obiettivo — avverte il presidente del Consiglio delle autonomie — deve essere proprio questo: invitare la gente a rispettare le regole». E, aggiunge subito, non necessariamente comunicare i dati: «So di essere una campana fuori dal coro. Ma io non trovo una sola ragione valida per fare il bollettino tutti i giorni. E infatti non lo faccio: cosa cambia se i positivi in un comune sono due o cento? Le regole devono essere rispettate comunque».
Il rapporto con Roma
Intanto, ieri i governatori si sono confrontati sulla gestione dell’emergenza. «Abbiamo
deciso — ha sintetizzato il governatore Maurizio Fugatti — di inviare al governo un documento per chiedere di razionalizzare i 21 parametri ai
quali è legata la classificazione dei territori». In sostanza, le Regioni e le Province autonome vogliono passare da 21 a solo 5 parametri. Vale a dire:
la percentuale di tamponi positivi sul totale di tamponi, l’indice di trasmissione del contagio, il tasso di occupazione dei posti in terapia intensiva e dei posti in ospedale, infine la capacità di dare risposte nel contact tracing. «Non sappiamo se il governo accoglierà la richiesta (il ministro Roberto Speranza ieri ha però anticipato un «no»,
nrd)» ha messo in chiaro Fugatti. Che ha aggiunto un ulteriore appunto: «Tutti i governatori sono d’accordo sul fatto che, sui test antigenici, deve essere il governo a dire come comportarci». E sui ristori: «Si è chiesto che se un territorio adotta una ordinanza più restrittiva, il governo riconosca i ristori per le attività economiche».
Il dibattito
Antonio Ferro
La diminuzione della curva sarà più lenta rispetto alla primavera, quando c’era il lockdown
Antonio Ferro usa tutte
TRENTO le precauzioni possibili per evitare di creare false aspettative. Ma a chi gli chiede quando sarà il picco dei contagi in provincia (il fisico Roberto Battiston, a livello nazionale, lo colloca al 27 novembre), il direttore del dipartimento prevenzione dell’Azienda sanitaria indica una data. Che sa
di speranza, ma che si basa comunque su calcoli che in questi giorni sono stati fatti. «Mi auguro — osserva — che si stia scavallando in questo
momento: spero che entro venerdì si registri una diminuzione del trend dei positivi». Una diminuzione che, in ogni caso, «sarà più lenta rispetto a quella della primavera, quando eravamo in lockdown totale». Ma che comunque darebbe un segnale «importantissimo»: «Vorrebbe dire che tra due settimane e mezzo ci sarebbero i primi effetti, con andamenti in calo, sul numero dei ricoveri, delle terapie intensive e dei decessi».
Anche perché, ammette
Ferro — ma anche il presidente della Provincia Maurizio Fugatti — attualmente è proprio il numero dei ricoveri a preoccupare maggiormente.