Corriere del Trentino

Abram, una vita nel cielo

Imprese e sfide di un alpinista e pilota di elicotteri. Nel 1954 salì sul K2 con Bonatti

- di Silvia Vernaccini

«Èstato il primo sudtiroles­e nel secolo scorso che ha dominato tutte le discipline allora praticate: arrampicat­a su roccia, su ghiaccio, misto e alpinismo d’alta quota» dichiara Reinhold Messner in un’intervista su Erich Abram (1922-2017) uno dei più noti alpinisti sudtiroles­i. E, soprattutt­o — come scrive Christjan Ladurner assieme a Carla Abram nel recente libro, Verso il cielo (Edizioni Tappeiner) — l’alpinismo era per lui gioia autentica, un sentimento che ha saputo mantenere fino alla fine. «Il percorso è la meta. Per Erich l’alpinismo aveva la leggerezza di una passeggiat­a nel sole, nella pioggia, nella neve e nel freddo» commenta con ammirazion­e Christjan Ladurner, guida alpina e fotografo che ebbe modo di conoscere Erich Abram durante un servizio di elisoccors­o: tre decenni dopo a seguito della scomparsa dell’alpinista, Ladurner decide di raccontare quella vita straordina­ria e lo fa, appunto, con l’aiuto della vedova Carla e la «valanga dei suoi ricordi». A questi si aggiungono anche gli interventi di amici alpinisti quali Reinhold Messner, appunto, ma anche Luis Vonmetz, Walter Bonatti, Sepp Schrott e Rochus Òhler suoi «compagni di chiodi» sul Gruppo del Catinaccio e sulle Dolomiti più in generale.

Arruolato durante la Seconda guerra mondiale nelle truppe di montagna Gebirgsjag­er impiegate nel Caucaso, percorse a piedi per esplorazio­ni più di 16.000 chilometri. Indimentic­ata, nel 1953, rimane la prima ascensione sullo «Spigolo Abram» sul Piz Ciavazes nel Gruppo di Sella, ma più di tutto, a renderlo celebre oltre i confini regionali è la sua partecipaz­ione nel 1954 alla spedizione italiana sul K2 capeggiata da Ardito Desio.

Reduce da una prigionia di guerra di due anni in Russia al termine del Secondo Conflitto, venne scelto tra gli undici migliori alpinisti d’Italia per salire sulla seconda

Erich Abram con la moglie Carla (foto grande) e in alto sulla via Stosser alla Tofana di Rozes e sotto sul K2. Della conquista del K2 Reinhold Messner conserva nel suo museo i ramponi di Erich (a destra). Ancora a destra la copertina della «Domenica del Corriere» sull’impresa sul K2 del 1954 e qui sopra Erich con Reinhold Messner

vetta più alta al mondo, il K2 (8611 m), dopo il fallimento di altre spedizioni internazio­nali. Con lui, oltre a Lino Lacedelli e Achille Compagnoni, anche Walter Bonatti che in una lettera indirizzat­a ad Erich Abram sottolinea «come siano stati esclusivam­ente i gesti placidi, veri e coraggiosi come i tuoi ad aver conferito grandezza e dignità alla nostra vittoria sulla montagna». Nella spedizione Abram fu di fatto responsabi­le del buon funzioname­nto e del trasporto delle bombole d’ossigeno, in particolar­e quelle per la cordata di punta. La salita sul K2 dischiuse un mondo: all’arrivo in Italia gli alpinisti furono accolti come eroi e la spedizione, che era stata seguita da cameramen, divenne un film. Erick Abram preferì però smarcarsi dal clamore mediatico e prendere il patentino di Guida alpina.

Benché molto estroverso, era ben lontano da protagonis­mi personali e questo emerge anche dalla sua esperienza come pilota, pioniere del volo in montagna in Italia e istruttore di elicotteri. A Bolzano, dove dal 1926 operava un aeroporto militare, nel 1951 viene istituito l’Aero Club Bolzano con scuola di volo e relativa officina: qui Abram aprì un nuovo capitolo nell’aviazione altoatesin­a, unendo nel volo il fascino della montagna. Nel 1967 sono tre i piloti patentati che possono atterrare sui ghiacciai delle Alpi o su superfici innevate: uno è proprio Erich Abram, che nello stesso anno supera l’esame anche di pilota di elicottero profession­ista per seguire le operazioni di soccorso anche estreme. «Oggi è quasi impossibil­e accedere a 45 anni al mondo del volo: come spesso nella sua vita, anche in questo caso Erich si muoveva al di fuori della norma» sottolinea Ladurner.

Erich Abram e il suo elicottero arancione modello Lama erano un binomio molto conosciuto: «Abram lavorava per l’azienda Elitalia di Trento, la più grande ditta elicotteri­stica d’Italia ed era l’unico pilota provenient­e da area non militare» si legge nel libro. «Ho avuto la fortuna d’incontrare Erich durante un volo in elicottero in Paganella dove lui era il pilota — ricorda Carla Abram — e destò la mia curiosità». Lei ragazza venticinqu­enne, lui non più giovane la corteggia per alcuni anni. «A dispetto di ogni razionalit­à comprendev­ano di appartener­ci e con il desiderio di percorrere insieme il più a lungo possibile il cammino della vita» poi durato ben 35 anni. E aggiunge: «Erich era un’entusiasta capace di riempire la vita senza compromess­i». Un’esistenza molto speciale dunque, quella di Erich Abram, e in queste pagine si leggono anche scorci intensi di vita privata ed esperienze condivise.

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