Pronto soccorso, 2600 accessi in meno a novembre
Oltre 18mila ingressi nell’ultimo mese e mezzo Sono il 26% in meno rispetto a ottobre del 2019
TRENTO Tra un terzo e un quarto di pazienti in meno nei pronto soccorso trentini rispetto al 2019, nonostante la pandemia in atto. Lo dicono, un po’ a sorpresa, i dati comunicati dall’Azienda sanitaria provinciale che parlano di quasi 18mila ingressi nell’ultimo mese e mezzo. A confronto con l’anno passato, gli accessi ai Pronto soccorso sono stati circa 4500 in meno (26%) ad ottobre, mese in cui il coronavirus era ancora parzialmente sottotraccia, e oltre 2600 in meno (-34%) in questa prima metà di novembre, quando invece si è nel pieno della seconda ondata epidemica. Andando a vedere i singoli territori, i pronto soccorso più impegnati questo autunno sono stati naturalmenOltre te quelli dei centri più popolosi, Trento e Rovereto che da soli hanno trattato il 60% dei 18mila ingressi. Seguono i reparti d’emergenza di Cles con circa 2000 pazienti accolti e di Arco con circa 1500. Attorno a mille accessi i pronto soccorso di Cavalese e Borgo, mentre non raggiunge le quattro cifre il presidio di Tione. Ancora lontane dal Trentino quindi le scene di ambulanze in fila fuori dagli ospedali in attesa di scaricare i pazienti viste ai telegiornali e anche appelli di «recarsi in Pronto Soccorso solo in caso di reale emergenza» come quello rivolto agli altoatesini dall’altra Azienda sanitaria regionale la scorsa settimana.
Rivolgersi ai reparti di pronto soccorso solo per reale necessità è un invito che comunque rimane valido sempre: «Soprattutto in caso di febbre, perdita di gusto e olfatto o altri sintomi non gravi ma riconducibili al Covid 19 bisogna restare a casa e contattare il proprio medico di base» ribadisce Giovanni Maria Guarrera, direttore del servizio ospedaliero provinciale. a rischiare di contagiare operatori e altri pazienti, i casi sospetti vengono subito tamponati e devono aspettare il risultato all’interno delle strutture. «Anche se il numero di accessi assoluti è calato, le procedure sono più laboriose. I pazienti devono rimanere di più ad aspettare, gli operatori devono dedicare più tempo a ciascuno, col risultato che i sanitari sono oberati di lavoro e la tensione tra le persone aumenta. Inoltre, a differenza di questa primavera quando erano crollati gli accessi per altre casistiche, ora sono costanti anche gli afflussi “normali” per traumi o incidenti. Sono in linea con la media della stagione autunnale anche le patologie respiratorie influenzali, che si confondono con i casi Covid e costringono a effettuare molti tamponi».
Tamponi che invece non vengono fatti a chi si presenta in Pronto soccorso per altri motivi, così da non sprecare attrezzature e non sovraccaricare i laboratori.Nessuna emergenza in Trentino per quanto riguarda i Pronto soccorsi, quindi. I reparti d’emergenza però non esauriscono l’intera sfida al sistema ospedaliero posta dalla pandemia. I pazienti ricoverati nei reparti malattie infettive e terapia intensiva continuano ad aumentare. Guarrera avvisa: «Per quanto riguarda l’occupazione dei letti e dell’impegno del personale siamo già al livello di questa primavera. Anzi, a questo punto in primavera sembrava che l’emergenza dovesse finire da un momento all’altro, adesso questa percezione non c’è. Se salisse ancora la pressione da Covid saremmo in gravi, gravissime difficoltà. Un’organizzazione ha delle dimensioni ben definite che non si possono aumentare a piacimento. Le risorse materiali a disposizione non solo non sono infinite, ma sono già impiegate quasi al massimo, i margini di miglioramento si sono assottigliati sempre di più. Per prepararci alla seconda ondata abbiamo approntato sempre più posti letto. I primi 50, i primi 100 è stato facile. Ora siamo a 400 posti letto totali più una 50ina di rianimazione, si potrebbe ancora ricavare qualche spazio in più ma poi basta. E soprattutto il personale non te lo inventi, lo abbiamo già grattato ovunque fosse possibile, anche chiudendo altre attività per questo, ad esempio due punti nascita». «Adesso — prosegue il dirigente — altre aggiunte
Guarrera/1
Anche se il numero di accessi assoluti è calato, le procedure sono più laboriose e i sanitari sono oberati di lavoro
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Sono in linea con la media della stagione anche le patologie respiratorie influenzali, che si confondono con i casi Covid
Procedure
Quando i pazienti hanno tosse e raffreddore viene eseguito il test rapido
non è pressoché più possibile farlo, se la pressione sul sistema ospedaliero salisse saremmo costretti a fare la più tragica delle scelte: decidere chi ricoverare e chi invece rinunciare a salvare. Sia per Covid, sia per tutte le altre patologie gravi che non sono affatto sparite». Sul sito dell’Agenzia sanitaria ieri erano registrati 337 pazienti nelle malattie infettive e 35 in terapia intensiva.