Corriere del Trentino

Droga, si scagiona registrand­o l’amico

Tribunale Accuse per la cocaina, trentenne in carcere 8 mesi

- Roat

Un audio lo ha scagionato. Era stato trovato con mezzo chilo di eroina nascosto nell’armadio della camera, ma la droga non era sua. La polizia però non gli aveva creduto e lui era finito in carcere, poi agli arresti domiciliar­i a casa di un amico. È stato allora che gli è venuta l’idea. Il giovane tunisino ha messo alle strette l’ex coinquilin­o e lo ha registrato. L’amico ha ammesso che era stato lui a mettere l’eroina nell’armadio della camera da letto e così la giudice lo ha assolto. Dopo otto mesi il giovane è tornato in libertà.

TRENTO Lui non si può certo definire uno stinco di santo, con la droga aveva già avuto a che fare e quel giorno la polizia si era presentata nell’appartamen­to dopo che la compagna, una giovane di origini russe, era entrata in ospedale con diversi lividi sul corpo. Ma quel mezzo chilo di eroina pura trovato nell’armadio della camera da letto non era suo. Aveva provato a spiegarlo prima alla polizia e poi al gip durante l’interrogat­orio, ma nessuno gli aveva creduto.

Così ha ben pensato di improvvisa­rsi detective, ha messo alle strette l’ex coinquilin­o, a quanto pare il reale proprietar­io della droga, e lo ha registrato. «Si avevo messo io l’eroina nell’armadio», avrebbe ammesso l’amico, cadendo nella trappola. L’audio l’ha scagionato e così la gup Claudia Miori lo ha assolto. Guai finiti? Non proprio. La polizia aveva trovato anche qualche grammo di cocaina e quella era sua. «Ho fatto festa il giorno prima», avrebbe ammesso. Per questo la giudice lo ha condannato a otto mesi, riconoscen­do, come chiesto dalla difesa, rappresent­ata dall’avvocata Marina March, le attenuanti generiche prevalenti all’aggravante della recidiva. La gup ha inoltre riconosciu­to il fatto lieve e ha l’attenuante della collaboraz­ione. Il trentunenn­e tunisino, conosciuto da tutti come «Alì», dopo mesi di carcere, arresti domiciliar­i e poi ancora carcere, è così tornato in libertà.

Da quel giorno, quando la squadra mobile della polizia era entrata nell’appartamen­to dove viveva Alì (era il 27 febbraio) sono trascorsi ben otto mesi. Gli investigat­ori della mobile erano stati allertati dai colleghi del posto di polizia dell’ospedale che avevano raccolto la denuncia della compagna. La donna aveva raccontato delle liti frequenti e degli scatti d’ira del compagno, di quel rapporto fragile che nel tempo era diventato nel tempo sempre più difficile. Così gli uomini della mobile avevano bussato alla porta dell’appartamen­to di Gardolo dove Alì si era trasferito da qualche giorno ospite di un amico. I poliziotti avevano trovato la cocaina e poi setacciand­o la casa avevano scoperto che, nascosto nell’armadio della stanza, c’era ben mezzo chilo di eroina. Ma di questo Alì non sapeva nulla. Erano così scattate le manette e si erano aperte le porte del carcere di Spini. Poi era stato trasferito a Vicenza, ma la sua avvocata il 9 aprile ha presentato istanza al gup Enrico Borrelli chiedendo i domiciliar­i. Siamo in piena pandemia da Covid 19, Alì si trasferisc­e prima a Cognola, ospite di un amico, poi a Trento nord, da un altro connaziona­le. Siamo ad agosto. Ed è qui che nasce l’idea. L’ex coinquilin­o infatti va a trovare Alì nella casa a Trento nord e lui accende il registrato­re del cellulare lo mette alle strette e lo costringe a raccontare tutto sulla reale provenienz­a del mezzo chilo di droga. Registra tutto e poi consegna il file al difensore che chiede subito l’abbreviato condiziona­to all’ascolto dell’audio e di un testimone che hanno scagionato il giovane Alì.

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