La vana battaglia per l’hotel Posta: vincono le ruspe
Il sindaco: impossibile non firmare. Sgarbi: qualcuno pagherà
Dopo 10 anni di battaglie è stato demolito lo storico hotel Posta di Dobbiaco. L’edificio di memoria asburgica è ormai un cumulo di macerie. Sgarbi è furioso e chiede le dimissioni del sindaco.
DOBBIACO L’Hotel Posta di Dobbiaco è un cumulo di macerie. Dell’imponente edificio di memoria asburgica, ricostruito nel 1919 ma con radici ben più antiche, ieri a mezzogiorno rimaneva in piedi solo l’ultimo frammento, quello che, secondo i detrattori, «oscurava» la vista del campanile della settecentesca parrocchiale dedicata a Giovanni Battista. Un flash, perché oggi, al più tardi, cadrà anch’esso sotto l’assalto delle ruspe, dimostratesi ancora una volta più veloci delle intenzioni quando in ballo ci sono milioni di euro (il nuovo progetto prevede spazi commerciali al pian terreno e appartamenti ai piani superiori).
Vittorio Sgarbi è una furia: «L’hanno abbattuto? Adesso qualcuno pagherà. In primis il sindaco, di cui voglio le dimissioni, ma poi anche il presidente della Provincia e con lui la sovrintendente alle Belle arti. Quello che hanno perpetrato è un delitto contro la storia e l’architettura. È un insulto diretto al Fai, il Fondo ambiente italiano e alla sua fondatrice Giulia Maria Crespi scomparsa a luglio, che a ragione lo ha inserito fra i suoi luoghi italiani del cuore. Hanno ragione l’ex ministro Giulio Tremonti e l’economista Franco Debenedetti a chiedere rispetto e tutela». Il critico d’arte riferisce di avere già preso appuntamento con la Procura di Bolzano «per sporgere denuncia contro un’azione fondata su mille bugie. A cominciare — sostiene — dalla pericolosità dell’edificio, cosa assolutamente non vera, per proseguire con la licenza edilizia già firmata: bastava un’ordinanza sospensiva. E non è vero, come sostiene il sindaco attaccandomi, che ci siamo svegliati tardi: già quattro anni fa, ci siamo fatti sentire, lo storico dell’arte bolognese Francesco Vincenti ed io, con oltre 4500 firme di cittadini. Non si ignorano così i beni culturali, il Fai e la voce di tante persone. Per questo farò sì che al sindaco non resti altro che dimettersi».
Sul fronte provinciale, chiamato anch’esso in causa dall’ex sottosegretario ai Beni culturali, l’assessore Massimo Bessone puntualizza: «Dell’hotel Posta ho saputo proprio da Sgarbi. Prima, nessuno me ne aveva mai parlato. Così mi sono informato, anche se il mio assessorato si occupa di opere pubbliche mentre l’hotel Posta di Dobbiaco è bene privato, per cui altri avrebbero dovuto, o potuto, chiedere tutela. Io, sull’argomento ho potuto fare poco, al contrario del Grand Hotel di Dobbiaco, dove faremo grossi interventi». Chiamata in causa a sua volta come assessora all’urbanistica ed al territorio, Maria Magdalena Hochgruber Kuenzer spiega il mancato intervento provinciale: «Sui beni privati, la richiesta di tutela spetta in primis al proprietario o ai Comuni. E l’Hotel Posta è da sempre un bene privato. È vero altresì che la Provincia può intervenire d’autorità, ma questa è competenza precipua della Soprintendenza. Per questo ho chiesto spiegazioni alla Sovrintendente Dalla Torre la quale mi ha riferito di aver eseguito un sopralluogo diversi mesi fa, ma di non aver rilevato, da parte sua, elementi tali da richiedere d’ufficio l’imposizione di un vincolo di tutela».
Nel municipio di Dobbiaco intanto, l’impressione è che la demolizione, pur criticata dai cittadini, arrivi come una liberazione. «Sono stato eletto nemmeno due mesi fa — sbotta il sindaco Martin Rienzner — mentre la storia è vecchia di oltre dieci anni. Non sono io quello a cui bisogna chiedere i perché di una ipotetica mancata tutela. Mi sono ritrovato con la richiesta di una concessione edilizia con tutti i documenti in regola. Non era possibile non firmarla». Se gli si chiede il rendering del nuovo edificio, Rienzner alza le mani: «Rivolgetevi alla proprietà, la Nc Immobiliare di Brunico. È cosa loro».