Corriere del Trentino

RECOVERY, ALLEANZE LARGHE

- Di Gianni Bonvicini

Tutti concentrat­i sulla seconda massiccia ondata pandemica tendiamo a mettere in secondo piano le iniziative da prendere in vista dell’attivazion­e del Recovery Fund europeo. A parte gli odiosi ricatti che Ungheria e Polonia frappongon­o al completame­nto dell’iter di questo rivoluzion­ario piano, anche da parte dei Paesi Ue più interessat­i alla sua rapida attivazion­e, come l’Italia, non arrivano pressioni.

Bene hanno quindi fatto i sindaci del Consiglio delle autonomie del Trentino a riproporre il tema dell’attrazione nella nostra Provincia degli investimen­ti che in futuro potranno derivare dal varo definitivo del Recovery Fund. Ma a parte questo generico auspicio, nel protocollo dei Comuni del Trentino vi è anche la chiara richiesta alla Provincia di poter partecipar­e alla gestione della distribuzi­one dei fondi europei, orientando­li in particolar­e nelle tre direttrici dell’ambiente, digitalizz­azione e inclusione, che sono alla base dell’impegno europeo per le prossime generazion­i (Next Generation EU). Questa presa di posizione riecheggia quanto concordato anche in sede nazionale all’interno dall’Associazio­ne dei Comuni

Italiani (Anci). Il suo presidente, il sindaco di Bari Antonio Decaro, ha infatti sottolinea­to come i Comuni italiani siano degli attori fondamenta­li nel sistema economico del Paese: circa il 25% degli investimen­ti pubblici viene realizzato dai Comuni.

Quindi è necessario che nel predisporc­i ad una futura, sperabile ripresa dell’economia italiana si valorizzi al massimo il ruolo dei sindaci. Decaro chiede perciò che almeno il 10% della quota italiana del Recovery Fund (in tutto 209 miliardi di euro) venga dirottata sui Comuni. Insomma, 20 miliardi da distribuir­e per progetti che riguardano l’edilizia verde, la mobilità sostenibil­e pubblica, le città digitali, il recupero delle periferie e il lavoro femminile come politiche di inclusione sociale. Ma affinchè queste richieste non finiscano per apparire solo come una corsa all’accaparram­ento di nuove risorse europee è necessario operare fin da subito in alcune direzioni. Innanzitut­to vanno drasticame­nte modificate a livello nazionale le procedure per gli appalti e gli investimen­ti pubblici. Il tutto deve essere accompagna­to da innovazion­i istituzion­ali, come quella di affidare a commissari ad hoc i grandi programmi nazionali. È quanto suggerisce il commissari­o europeo Paolo Gentiloni ricordando che il controllo severo della Commission­e sarà sui tempi e sulle capacità di realizzazi­one dei vari progetti. Se non rispettati si corre il rischio di un blocco dei fondi.

Ciò però deve andare di pari passo con un massiccio coinvolgim­ento di tutti i livelli decisional­i, da quelli centrali fino ai più periferici: appunto i Comuni. È perciò necessario che gli stessi Comuni si riorganizz­ino al proprio interno per fare fronte a questa nuova sfida partecipat­iva. Bene quindi le attribuzio­ni di deleghe europee ad un assessore o meglio ad un vicesindac­o, trattandos­i di competenze trasversal­i; la costituzio­ne di un gruppo tecnico come proposto dal Consiglio trentino delle autonomie; un dialogo continuo con gli uffici della Provincia che trattano la materia. Ma non basta, bisognerà anche avviare strategie che, oltre alla rete dei Comuni provincial­i, si estendano anche a realtà locali di altre province e regioni, a cominciare naturalmen­te da quelle dell’Euroregio, ma non solo. Sappiamo per esperienza che a Bruxelles viene data priorità ai progetti con più partner, possibilme­nte transnazio­nali. Ciò serve a dare dimensione europea alle iniziative e ad evitare al contempo la dispersion­e dei fondi in mille rivoli, con poco o nullo effetto sull’impatto che si desidera avere nel lungo periodo. Quindi va evitata la tentazione di portare avanti progetti di portata puramente locale: le proposte vanno inserite nel più ampio quadro europeo.

Infine va affrontato, anche nella nostra realtà trentina, un problema politico: quello di un dialogo costruttiv­o fra istituzion­i, Provincia e Comuni, gestiti da coalizioni partitiche spesso contrappos­te. Quello dell’utilizzo dei fondi comunitari potrebbe essere un grande test di coesione dell’intero territorio, un segno della volontà di superare l’emergenza e di plasmare il futuro nell’interesse di tutta la comunità e non solo della propria parte politica. Se dovesse funzionare, potrebbe rappresent­are un buon esempio anche per il resto dell’Italia e per il governo centrale in grande difficoltà nell’aprire un efficace dialogo con l’opposizion­e.

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