RECOVERY, ALLEANZE LARGHE
Tutti concentrati sulla seconda massiccia ondata pandemica tendiamo a mettere in secondo piano le iniziative da prendere in vista dell’attivazione del Recovery Fund europeo. A parte gli odiosi ricatti che Ungheria e Polonia frappongono al completamento dell’iter di questo rivoluzionario piano, anche da parte dei Paesi Ue più interessati alla sua rapida attivazione, come l’Italia, non arrivano pressioni.
Bene hanno quindi fatto i sindaci del Consiglio delle autonomie del Trentino a riproporre il tema dell’attrazione nella nostra Provincia degli investimenti che in futuro potranno derivare dal varo definitivo del Recovery Fund. Ma a parte questo generico auspicio, nel protocollo dei Comuni del Trentino vi è anche la chiara richiesta alla Provincia di poter partecipare alla gestione della distribuzione dei fondi europei, orientandoli in particolare nelle tre direttrici dell’ambiente, digitalizzazione e inclusione, che sono alla base dell’impegno europeo per le prossime generazioni (Next Generation EU). Questa presa di posizione riecheggia quanto concordato anche in sede nazionale all’interno dall’Associazione dei Comuni
Italiani (Anci). Il suo presidente, il sindaco di Bari Antonio Decaro, ha infatti sottolineato come i Comuni italiani siano degli attori fondamentali nel sistema economico del Paese: circa il 25% degli investimenti pubblici viene realizzato dai Comuni.
Quindi è necessario che nel predisporci ad una futura, sperabile ripresa dell’economia italiana si valorizzi al massimo il ruolo dei sindaci. Decaro chiede perciò che almeno il 10% della quota italiana del Recovery Fund (in tutto 209 miliardi di euro) venga dirottata sui Comuni. Insomma, 20 miliardi da distribuire per progetti che riguardano l’edilizia verde, la mobilità sostenibile pubblica, le città digitali, il recupero delle periferie e il lavoro femminile come politiche di inclusione sociale. Ma affinchè queste richieste non finiscano per apparire solo come una corsa all’accaparramento di nuove risorse europee è necessario operare fin da subito in alcune direzioni. Innanzitutto vanno drasticamente modificate a livello nazionale le procedure per gli appalti e gli investimenti pubblici. Il tutto deve essere accompagnato da innovazioni istituzionali, come quella di affidare a commissari ad hoc i grandi programmi nazionali. È quanto suggerisce il commissario europeo Paolo Gentiloni ricordando che il controllo severo della Commissione sarà sui tempi e sulle capacità di realizzazione dei vari progetti. Se non rispettati si corre il rischio di un blocco dei fondi.
Ciò però deve andare di pari passo con un massiccio coinvolgimento di tutti i livelli decisionali, da quelli centrali fino ai più periferici: appunto i Comuni. È perciò necessario che gli stessi Comuni si riorganizzino al proprio interno per fare fronte a questa nuova sfida partecipativa. Bene quindi le attribuzioni di deleghe europee ad un assessore o meglio ad un vicesindaco, trattandosi di competenze trasversali; la costituzione di un gruppo tecnico come proposto dal Consiglio trentino delle autonomie; un dialogo continuo con gli uffici della Provincia che trattano la materia. Ma non basta, bisognerà anche avviare strategie che, oltre alla rete dei Comuni provinciali, si estendano anche a realtà locali di altre province e regioni, a cominciare naturalmente da quelle dell’Euroregio, ma non solo. Sappiamo per esperienza che a Bruxelles viene data priorità ai progetti con più partner, possibilmente transnazionali. Ciò serve a dare dimensione europea alle iniziative e ad evitare al contempo la dispersione dei fondi in mille rivoli, con poco o nullo effetto sull’impatto che si desidera avere nel lungo periodo. Quindi va evitata la tentazione di portare avanti progetti di portata puramente locale: le proposte vanno inserite nel più ampio quadro europeo.
Infine va affrontato, anche nella nostra realtà trentina, un problema politico: quello di un dialogo costruttivo fra istituzioni, Provincia e Comuni, gestiti da coalizioni partitiche spesso contrapposte. Quello dell’utilizzo dei fondi comunitari potrebbe essere un grande test di coesione dell’intero territorio, un segno della volontà di superare l’emergenza e di plasmare il futuro nell’interesse di tutta la comunità e non solo della propria parte politica. Se dovesse funzionare, potrebbe rappresentare un buon esempio anche per il resto dell’Italia e per il governo centrale in grande difficoltà nell’aprire un efficace dialogo con l’opposizione.