Sci, senza Natale perdite fino al 50% Impiantisti: a rischio 75 milioni
Guadagnini (Trento): c’è paura. Sartori (Bolzano): a marzo via 45 milioni
Se si scierà a Natale le società impiantistiche stimano perdite per il 30-50% per cento, tradotto 50-75 milioni. E se mancherà il Natale le perdite saranno maggiori.
TRENTO Se i ricavi delle società impiantistiche, in Trentino, si ridurranno del 50 per cento nelle loro casse e di riflesso su tutto il sistema economico che reggono mancheranno 75 milioni di euro. La stima è stata lanciata da Michele Andreaus, nell’editoriale pubblicato ieri sul Corriere del Trentino. E viene confermata da Luca Guadagnini presidente della sezione impianti a fune di Confindustria. «Se salviamo il Natale le perdite potrebbero oscillare tra il 30 a il 50, altrimenti...». In Alto Adige manco ci vogliono pensare a uno scenario simile. «Speriamo di no, speriamo di aprire — dice Helmut Sartori, presidente dell’Associazione esercenti funiviari Alto Adige— ma un mese e mezzo di chiusura anticipata — ammette — ci è costato 45 milioni di minor ricavo».
Le incognite in campo sono molte, troppe. Andreaus però ha messo nero su bianco pochi duri numeri: con una contrazione dei ricavi del 50 per cento, bilanci alla mano, alle società mancheranno 75 milioni, se la percentuale sale al 75 ne verranno meno 100. «I numeri — spiega Guadagnini — sono abbastanza coerenti, se la stagione avesse quelle percentuali lì». Un se che pesa come un macigno. «La variabile principale è rappresentata da se ci sarà o meno il Natale, perché sul mercato italiano il Natale pesa molto. Il mercato di gennaio era per lo più straniero e si è quasi certi che quello non ci sarà, o arriverà molto tardi, a marzo. Parlare di una contrazione del 75 per cento fa paura e ci auguriamo che non sia così. I businness plan che le società hanno fatto tuttavia e che includevano il Natale prevedevano perdite dal 30 al 50 per cento». Quindi se il Natale dovesse saltare il 50 per cento, ossia 75 milioni, si volatilizzerebbero. E le stesse cifre, in uno scenario di questo tipo, si potrebbero avere in Alto Adige, dove il fatturato delle imprese del settore funiviario è di oltre 300 milioni annui: ne mancherebbero 150 all’appello. Ipotesi che Sartori vorrebbe scongiurare: «Certo l’inverno scorso con la chiusura anticipata (di circa un mese e mezzo, ndr) abbiamo perso 45 milioni. Tutto dipende da quando e da come riusciamo ad aprire, da se avremo clientela dall’estero; chiaro che si mancherà quel segmento sarà grave. Speriamo di riuscire a partire a dicembre». A chiedere certezze per l’avvio della stagione è il vicepresidente di Anef, Elmar Pichler Rolle. «Non possiamo innevare le piste secondo nostre scelte o umori, ma quando vi sono le condizioni climatiche e le disponibilità idriche. Spero che a Roma lo sappiano».
Nel suo editoriale Andreaus, ordinario di economia aziendale all’università di Trento, affronta anche il complesso tema del futuro del settore, «minacciato» dal global warming. «Io — afferma Guadagnini — rappresento gli impiantisti che vogliono continuare a fare il proprio lavoro. Se la politica, d’accordo coi territori, vorrà modificare il core business di una zona, è una scelta che spetta semmai a loro».
«Secondo me — gli fa eco Valeria Ghezzi, presidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari — dobbiamo fare molta attenzione e pensare a quanta gente lavora in quegli impianti prima di sacrificare delle attività». Anche Ghezzi, pur premettendo che «se apriamo cercheremo di ridurre al minimo le perdite» non nasconde che «sarà un anno drammatico». Ieri intanto in commissione trasporti della Camera è stata approvata una risoluzione che impegna il Governo a prevedere misure di sostegno ai lavoratori e imprese che operano nel settore turistico invernale. «Speriamo arrivino i ristori e speriamo che il governo ci venga incontro sugli ammortamenti che sono una componente importante dei nostri bilanci». E da Trento invece Ghezzi si aspetta una mano sull’innevamento e sugli stagionali «che rischiano tanto e che non devono andare a carico dei bilanci delle società».