Homeschooling diniego sospeso Primo round ai genitori
Non hanno nulla contro la scuola pubblica e ci tengono a precisarlo. Per loro è semplicemente una scelta, un modo diverso di vivere l’insegnamento, di far crescere i propri figli dando loro la possibilità di imparare in maniera gioiosa, peraltro garantita dalla legge. La scuola parentale, chiamata in inglese homescooling, esiste da sempre, in alcuni Paesi come l’Irlanda e il Belgio il diritto all’istruzione domiciliare è sancito dalla Costituzione. Insomma è una delle possibilità rispetto alla scuola dell’obbligo negli istituti pubblici e privati, una scelta di vita, forse, per quattro genitori di altrettanti bimbi di una scuola primaria trentina che hanno comunicato alla scuola la volontà di non iscrivere in propri figli, ma il dirigente ha negato loro questo diritto, sollecitando i genitori a iscrivere i propri figli nel plesso scolastico del Comune. Il motivo? I tempi. C’è infatti una normativa provinciale che impone di comunicare entro il 31 gennaio la decisione di non iscrivere il proprio figlio a scuola. Ma la comunicazione dei genitori sarebbe arrivata ad agosto. Il ritardo è ammissibile solo in casi eccezionali e non sarebbe questo secondo il dirigente che ha firmato un provvedimento di diniego e poi, vedendo che i bimbi non andavano a scuola, ha scritto ai genitori spiegando loro che avrebbe preso provvedimenti.
A quel punto i quattro genitori, che avevano individuato anche la sede e gli insegnati, si sono rivolti agli avvocati Eugenio Picozza e Rosa Michela Rizzi e hanno impugnato i provvedimenti davanti al Tar. I giudici, riconoscendo il fumus, hanno accolto la richiesta dei genitori e hanno sospeso i provvedimenti del dirigente in attesa dell’udienza merito fissata per aprile.