Corriere del Trentino

Bimba di sei anni abusata dal vicino nella cantina

Condannato anche un quarantenn­e, violentò la figliastra

- Roat

Si fidava di lui, era un vicino e un amico di famiglia, ma talvolta gli orchi si nascondono proprio tra gli affetti più cari. Lo ha imparato a caro prezzo una ragazzina di Trento che sarebbe stata abusata per anni nella cantina della palazzina dal vicino di casa. Gli abusi sarebbero iniziati quando lei aveva solo sei anni e ora l’uomo è stato condannato anche in appello a cinque anni di reclusione per atti sessuali con una minorenne. L’uomo, però, nega ed è pronto ad andare fino in Cassazione. La Corte d’appello ha confermato la condanna a 4 anni anche di un quarantenn­e trentino accusato di aver abusato della figlia della compagna. «Mi ero innamorato», si è difeso.

TRENTO Vite spezzate. Hanno rubato loro l’innocenza, il futuro, i sogni di bambina. La loro esistenza resterà segnata dal peso di un passato che difficilme­nte si potrà cancellare, nonostante la forza e il loro coraggio. Sono state tradite. E l’orco, spesso, si nasconde tra le mura domestiche, nella casa, in quella culla di affetti dove ci si sente protetti e al sicuro, o è il vicino di casa, l’amico di famiglia, di cui ti fidi, che ti porta nella cantina della palazzina per «giocare». Ti prende in braccio, ti fa sedere sulle sue ginocchia e ti porta nello scantinato, ma quello che accade nel buio della stanza non è un gioco. Lui si spoglia, poi ti toglie i vestiti, ti fotografa, non c’è nulla di giocoso, ma è qualcosa di spaventoso che forse l’innocenza di una bimba di soli sei anni non riesce ancora a capire fino in fondo. Ma poi con gli anni il dolore e la consapevol­ezza affiorano con tutto il loto carico.

«Un giorno ti racconterò tutto il male di questi anni», aveva detto Sara (il nome è di fantasia ndr) alla madre singhiozza­ndo. Era l’estate del 2017. La donna non riusciva a capire, ha cercato di chiedere alla figlia a cosa di riferisse, ma lei è rimasta chiusa a riccio. Poi nella primavera del 2018 ha trovato il coraggio di raccontare della cantina degli orrori, di quando la donna la affidava al vicino di casa, un amico di famiglia, e lui la portava nell’interrato e abusava di lei, la spogliava e la fotografav­a. Aveva solo sei anni. I presunti abusi secondo quanto ricostruit­o dalla Procura e dai carabinier­i sarebbero durati anni, dal 2010 al 2018. «Ora sono grande posso difendermi», avrebbe detto la ragazzina al giudice dopo la denuncia presentata nel 2018.

Il quadro tracciato nel capo di imputazion­e è raccapricc­iante, ma l’uomo, un trentenne residente a Trento Nord, nega tutto e la difesa, rappresent­ata dall’avvocata Sabina Zullo, è pronta a ricorrere in Cassazione. Ieri, però, i giudici della Corte d’appello hanno condiviso le conclusion­i della Procura generale e dalla parte civile, rappresent­ata dall’avvocato Maurizio Pellegrini, e hanno condannato l’uomo a cinque anni e al risarcimen­to del danno da definirsi in separata sede. La Corte ha confermato la pena decisa in primo grado. Una condanna che era andata oltre i 3 anni e 6 mesi chiesti dall’accusa nel giudizio di primo grado. I carabinier­i, grazie al racconto della piccola, avevano trovato la cantina e alcuni elementi che secondo l’accusa confermere­bbero le parole choccanti di Sara.

Ma lei non è l’unica vittima, tradita dagli affetti più cari. Una tredicenne del basso Trentino avrebbe subito un triste destino simile e l’orco viveva in casa. Era il compagno della madre, un uomo di cui lei si fidava. Ma lui, approfitta­ndo dell’assenza per lavoro della compagna, rimasto solo con la figliastra avrebbe tentato alcuni approcci. Prima

gli abbracci, i baci e poi sempre di più. Ma i palpeggiam­enti ad un certo punto avrebbero lasciato il posto a rapporti completi che secondo l’accusa si sarebbero consumati almeno in due occasioni. I presunti abusi sarebbero andati avanti per un anno e mezzo, fino a quando la mamma vedendo la figlia sempre più chiusa e introversa ha cercato di approfondi­re. Poi la ragazzina si sarebbe confidata anche con alcune amiche. La madre, disperata, aveva messo alle strette il compagno e lui alla fine aveva ammesso. Davanti ai carabinier­i aveva detto di «essersi innamorato». All’improvviso alla donna è crollato il mondo e ha subito presentato denuncia. Ieri la Corte d’appello ha confermato la condanna di primo grado del quarantenn­e, difeso dall’avvocato Andrea Tabarelli De Fatis, a quattro anni per atti sessuali con minore aggravata dall’età della ragazzina. L’uomo dovrà pagare anche 50.000 euro di risarcimen­to del danno alla tredicenne, che si è costituita parte civile con l’avvocato Luigi Campone, ma l’uomo finora ha versato solo mille euro.

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