LE LACUNE DELL’UNIVERSITÀ
Mi trovo costretta a rispondere al rettore.
Negli ultimi dodici mesi, così come ho avuto modo di raccontare, malgrado il forte carico emotivo ho scelto il silenzio. Ma essendo profondamente amareggiata dalle dichiarazioni del Rettore, mi vedo costretta a rispondere affinché non si gettino ombre di alcun tipo sulle mie affermazioni: sarebbe una ulteriore ingiustizia e, come ho già affermato, una storia come la mia non deve ripetersi mai più.
Il Rettore ha affermato che la sentenza non è stata notificata lasciando passare tanto tempo. In realtà abbiamo volutamente lasciato il tempo all’Università per adempiere alla sentenza ma, visto che la vincitrice continuava a restare in ruolo e vista la totale mancanza di comunicazioni, l’abbiamo notificata.
Va sottolineato che, in data 28 luglio 2020, abbiamo ufficialmente richiesto che venissero liquidate le spese di soccombenza entro il 20 agosto, spese che non mi sono ancora state versate.
Riguardo la digressione del Rettore sulle questioni legate al concorso e al ricorso, mi limito a evidenziare che la presidente della commissione giudicatrice era ed è una linguista e non una sociologa. Anch’io ho pubblicato due articoli scientifici su una rivista internazionale di architettura ma questo non fa di me un architetto. Quanto ai miei titoli, come si può leggere anche nella sentenza, non si tratta solo dell’Abilitazione scientifica nazionale ma vi è stata scarsa considerazione anche per altri.
Per quanto concerne la questione degli ausili, mi rattrista profondamente che il Rettore mi dia della bugiarda: io non farei mai affermazioni senza essere in grado di provarle. A titolo di esempio e riguardo proprio alla lampada, in data 23 agosto 2018 e in risposta a una mail del Dipartimento che incoraggiava tutti i docenti a richiedere attrezzature di vario tipo, ho inoltrato quanto segue: «Segnalo anche una problematica di carattere personale. L’illuminazione del mio ufficio (stanza 306) non mi permette di visualizzare lo schermo del pc e mi rende impossibile lo svolgimento di diverse attività (che dunque svolgo poi regolarmente presso la mia abitazione). Per cercare di risolvere autonomamente il problema, ho già acquistato a mie spese una lampada da scrivania che però non si è rivelata sufficiente; avrei necessità di sostituirla con una lampada di altro tipo». Non ho mai ricevuto nessuna risposta e, alla fine, ho acquistato io stessa una ulteriore lampada. Inutile dire che rispetto ad altri soffrivo anche allora di cecità quasi totale, ben nota a tutto il Dipartimento e anche al Rettore.
In riferimento al Comitato unico di garanzia, ricordo al Rettore che in data 9 dicembre 2017, mi sono dimessa con una lettera indirizzata a lui (e non solo) in cui affermavo che la mia presenza in quell’organismo era inutile dato che le mie sollecitazioni a favore di una migliore inclusione delle persone con disabilità in Ateneo, venivano costantemente ignorate. Nella stessa lettera lo informavo anche che io stessa ero oggetto di comportamenti scorretti. Anche questa mia missiva è caduta nel nulla.
Per concludere, in merito alle altre opportunità che mi sarebbero state offerte, penso che forse il Rettore non è stato informato correttamente. Il 18 novembre 2019 ho avuto un (unico) incontro con il direttore del Dipartimento di Sociologia, Mario Diani. In quella sede mi ha proposto un contratto di collaborazione di un anno per circa 30.000 euro. Ricordo bene che ha detto «formalmente deve essere un bando su un tema indicato da te». Io ero basita perché la proposta non mi sembrava nemmeno lecita: dopo aver cercato di farmi dare altri dettagli, ho risposto solo che ci avrei pensato. Poi me ne sono andata e non mi sono più fatta sentire perché non volevo essere coinvolta in un’altra selezione poco chiara.
* Sociologa