Delladio rilancia: l’offerta in quota deve ampliarsi
Delladio (La Sportiva): «Riaprire? Non sono competente Ma tutto ciò provocherà danni enormi all’indotto»
Non vuole prendere posizione sul braccio di ferro tra chi vuole e chi non vuole aprire gli impianti da sci, ma il presidente de La Sportiva, Lorenzo Delladio, e vicepresidente di Confindustria, parla di «un danno enorme all’indotto». E guarda al futuro: «Il turismo deve cambiare ed essere più sostenibile. Bisogna ampliare l’offerta in quota».
Non si avventura fra chi spinge per l’apertura degli impianti e chi no. «Non è il mio mestiere», ripete Lorenzo Delladio. Ciò detto, il presidente de La Sportiva già intravede la ferita per l’economia: «Un danno enorme, che colpirà tutto l’indotto». Ma in questo momento, che lascerà solchi indelebili, l’imprenditore e vicepresidente di Confindustria rispolvera il suo progetto: quello nato nel 2017 per rilanciare il passo Rolle. «La politica non mi ha lasciato andare avanti ma ciò che pensavamo vale ancora più oggi: serve un cambio di prospettiva radicale per il turismo di montagna». La sua idea originaria era chiarissima: riportare un’area tradizionalmente vocata allo sci alpino al naturale, attraverso lo smantellamento degli impianti e la riqualificazione delle strutture presenti. «Tutto questo per soddisfare nuovi target di appassionati della natura e della vita attiva all’aria aperta, alla ricerca di benessere, sostenibilità, sicurezza e semplicità». En plein air, distanziati. «Che non significa che non possano esserci impianti — precisa — piuttosto che ci possano essere alternative».
Presidente, sul tema della stagione invernale il Paese pare dividersi fra rigoristi e aperturisti. Le regioni spingono per la riapertura degli impianti, il governo no. Lei che idea si è fatto?
«Sull’opportunità di partire o meno mi astengo, non sono né un impiantista né un albergatore e non ho nemmeno le competenze sanitarie per pronunciarmi. Dico solo che in questo momento il progetto che avevo messo in campo andava portato avanti, ma la politica non mi ha lasciato andare oltre. ma io sono convinto che sia il paradigma del futuro da seguire».
Si riferisce al progetto di riqualificazione del Passo Rolle che ha lanciato nel 2017, proponendo lo smantellamento degli impianti e la creazione di un‘area a vocazione outdoor alternativa allo sci alpino. Questo è il momento per ripensare anche la cultura della montagna spogliandoci delle grandi infrastrutture?
«Sì: per offrire una alternativa allo sci e alla discesa che servono enormemente all’economia, sia chiaro. Ma può esserci dell’altro. Oggi più che mai è sentito il bisogno di un’alternativa per stare all’aria aperta e vivere la montagna, la natura, senza per forza entrare in contatto con impianti. Chi vuole prendere una funivia nel rispetto dei Dpcm lo faccia, chi preferisce una escursione senza assembramenti deve poterlo fare a sua volta. L’obiettivo è presto sintetizzato: diversificare l’offerta e ampliarla. Immagino dei percorsi organizzati, promossi dagli alberghi. Questo era ed è il futuro».
E come se lo immagina il turismo post Covid?
«Sicuramente ci insegnerà a stare più all’aria aperta: l’abbiamo visto quante persone, quest’estate e dopo il lockdown, si sono riversate nelle campagne, nelle montagne. Ciò che dobbiamo fare allora è immaginare percorsi preparati, organizzati e soprattutto sostenibili. Troppo spesso di questa parola ci riempiamo la bocca senza poi scaricare a terra alcunché: facciamolo, invece, impariamo ad essere più sostenibili. È anche un’esigenza dei mercati: molti turisti, specie nei Paesi del Nord o provenienti dagli Stati Uniti, orientano le destinazioni proprio in base a questo. La cultura cambierà e noi dobbiamo essere pronti con la giusta offerta».
Fermarsi, dicono gli impiantisti ma non solo, provocherà danni economici irrecuperabili. È così? Anche per La Sportiva?
«I danni saranno enormi, è inevitabile. Anche per noi. Non facciamo prodotti per la discesa ma i negozianti ne soffriranno: vien colpito tutto il mondo dello sport. In prima battuta l’impiantista e albergatore, ma fra un mese e un mese e mezzo i miei negozianti non mi pagheranno le fatture. È una conseguenza circolare».
Ristori, compensazioni, contributi per colmare i fatturati: il governo sta intervenendo e promette di intervenire, lei pensa sia la via giusta?
«Sì, lo è. Da sole le imprese non possono farcela».
In questi mesi La Sportiva ha riadattato anche i suoi prodotti, introducendone di nuovi, coerenti con la pandemia. Quanto sono cambiate le abitudini dei consumatori?
«Innanzitutto noi abbiamo cambiato il modo di proporci a livello pubblicitario, ponendoci più vicino all’utente e mostrando un volto più umano. Dobbiamo essere maggiormente di sostegno e consigliare il prodotto giusto. Poi è aumentata l’attenzione verso l’eco-sostenibilità e noi abbiamo deciso di ridurre le collezioni e rendere i colori meno aggressivi, smarcandoli dalle mode del momento e rendendoli più durevoli. In questo modo il cliente è disposto a pagare anche qualcosa in più per un prodotto che però resta nel tempo. Lo volevamo fare da tempo ma la pandemia, nella sua drammaticità, è stata l’occasione per accelerare questo processo».
I clienti sono sempre più attenti alla sostenibilità abbiamo ridotto le collezioni perché i prodotti durano di più