«Passaggio sgradevole, c’è tanto narcisismo»
Alberto Pacher, da ex sindaco di Trento come giudica le vicende degli ultimi giorni che hanno scosso la giunta di Franco Ianeselli? Le conseguenze delle dimissioni del consigliere di Futura Paolo Ghezzi hanno portato alle dimissioni dell’assessore Paolo Zanella a due mesi dalla nomina. Semplici «incidenti di percorso»?
«Questa non è certo una pagina di bella politica. Oltre allo sforzo per capire le motivazioni dei protagonisti della vicenda, leggo in termini generali un surplus di narcisismo individuale ma anche politico da parte delle singole componenti della coalizione. Mi pare proprio di poter dire che è stato il narcisismo a causare questa vicenda. Mi spiace, anche perché così tradisce una promessa».
Quale promessa?
«Questo passaggio è stato sgradevole perché viene sconfessato un metodo che questa giunta voleva far diventare impegno verso la città: la crescita di una nuova coalizione, la credibilità di una squadra che va oltre la tradizione consolidata della sinistra che si fa male da sola. Questo oggi è stato messo in crisi».
È così pessimista?
«No, perché detto questo sono convinto che il sindaco e la coalizione sono giovani e c’è tutto il tempo di recuperare. Però credo che questo segnale sia indicativo del livello generale della politica, di quello che sta succedendo».
È forse la crisi della politiche che genera tutto questo? La crisi anche dei partiti?
«Negli anni in cui i partiti erano luoghi di elaborazione, pur con tutte le distorsioni, riuscivano a contenere le derive personali e personalistiche. C’erano delle procedure di selezione, ma soprattutto un sentire condiviso. L’indebolimento dei partiti ha reso più aperte le spinte individuali. Guardiamo cos’è successo in questo caso, ma anche a livello nazionale, dove le leadership perdono il senso della misura. Pensiamo a Salvini l’anno scorso, ma altri sono gli esempi, sempre con partiti incapaci di mettere il noi prima dell’io del leader di turno».
Ma i leader ci sono sempre stati, anche nei partiti tradizionali.
«Ma erano leader di una struttura, di una comunità politica, selezionati dentro un dibattito, espressione di un confronto e controbilanciati da organismi in cui la discussione era profonda e approallora fondita».
Che si fa allora? Non si può tornare indietro...
«Penso che si debba davvero costruire un tessuto nuovo nei rapporti politici, c’è bisogno di riproporre idee guida sull’agire politico, sulla sua rappresentanza, perché ho la sensazione che tutto si sia indebolito: troppo spesso alla complessità si risponde con troppa semplicità».
Bisogna però ricostruire in tempo, la scadenza delle elezioni provinciali del 2023 è ormai vicina.
«Nel 2018 ci si è impegnati a perdere, questa volta bisogna impegnarsi a vincere. E si parta da questa vicenda, uno stimolo per capire che devono essere messe in campo regole chiare, forme collegiali di pensiero e di azione che non permettano più a una sola forza politica di prendere decisioni senza valutarne gli effetti».
L’effetto, in questo caso, sono state le dimissioni di Zanella. Il sindaco si è arrabbiato e lo ha sostituito con Facchin. Una scelta troppo veloce? Alcuni lo accusano di «decisionismo».
«Capisco l’amarezza del sindaco. E credo che il suo decisionismo sia giustificato: c’era bisogno di dare risposta immediata, altrimenti si sarebbe aperta una crisi che non avrebbe fatto emergere i lati migliori della coalizione...».