Corriere del Trentino

Finta azienda si aggiudica 105mila euro

Corte dei Conti, condannato un neo imprendito­re. La sede trentina era fittizia

- di Dafne Roat

La Corte dei Conti ha condannato un imprendito­re nel campo del design che aveva creato una sede fittizia della società per incassare 105mila euro di contributi.

TRENTO Il progetto ha finalità nobili e grazie ai fondi pubblici, in parte europei, in Trentino sono nate realtà imprendito­riali di eccellenza. Il fine è proprio questo. Ma il programma di sviluppo e sostegno delle nuove iniziative imprendito­riali può diventare anche terra di conquista di realtà non propriamen­te specchiate o di imprendito­ri attirati dai contributi ma con poca voglia di restare in Trentino.

È il caso di una società specializz­ata nella ricerca, sviluppo, produzione e commercial­izzazione di manufatti di design, che si sarebbe proposta come nuova iniziativa territoria­le per il Trentino, ma che in provincia in realtà avrebbe avuto solo una sede legale, peraltro fittizia. Una scatola vuota che a quanto pare sarebbe servita all’imprendito­re solo a incassare il contributo pubblico. E non si parla di poche migliaia di euro, ma di 105.763 euro. A tanto ammonta il fondo incassato dall’imprendito­re che ora, però, dovrà restituire. La Corte dei Conti ha condannato il legale rappresent­ante della società a pagare l’intera somma ricevuta, della quale 31.729 euro sono destinati alla Comunità europea, 41.385 euro allo Stato e 32.649 alla Provincia di Trento.

Ma partiamo dall’inizio. Nel novembre 2011 la giunta provincial­e ha approvato un bando nell’ambito del programma operativo Fesr 20072013 «nuove imprendito­rialità», a sostegno della «creazione di iniziative imprendito­riali mediante seed money». L’obiettivo era sostenere l’imprendito­ria attraverso la creazione e sviluppo di piccole e medie imprese locali. Uno dei principali criteri per essere ammessi al contributo era quello di un’unità operativa sul territorio trentino e di svolgere l’attività in provincia almeno per tre anni. Il 21 febbraio 2012 il legale rappresent­ante della società, specializz­ata nell’ambito dei manufatti di design, ha presentato domanda per accedere ai contributi sostenendo di essere in possesso dei requisiti. E così il 23 luglio 2012 viene concesso un contributo di oltre 117 mila euro. A dicembre viene costituta la nuova impresa e pertanto la Provincia nel 2014 liquida in quattro tranche 105.763 euro.

Tutto bene quindi? Non proprio. Alcuni funzionari provincial­i scoprono presunte irregolari­tà e si mette subito al lavoro la guardia di finanza di Trento che svela il trucco. La società, messa in liquidazio­ne il 28 dicembre 2017 a causa delle perdite accumulate nel tempo, non avrebbe mai avuto una sede operativa in Trentino. E le sedi legali stabilite a Trento, prima e dopo la messa in liquidazio­ne della società, erano fittizie. La Provincia dal canto suo ha subito revocato parte del contributo concesso, oltre 2.400 euro, ma la somma non è stata mai recuperata.

Il caso è quindi finito sul tavolo della Procura della Corte dei Conti. Secondo le indagini della guardia di finanza l’imprendito­re avrebbe anche occultato un credito di 27.500 euro. Quindi non solo l’uomo avrebbe violato i criteri del bando, ma avrebbe consapevol­mente dichiarato il falso per ottenere i contributi. Nell’atto di citazione, firmato il 15 gennaio 2020 dal procurator­e regionale della Corte dei Conti Marcovaler­io Pozzato, si evidenzia il comportame­nto «doloso» dell’imprendito­re. «È risultato — scrive la Procura — che l’unica unità locale dichiarata nel territorio provincial­e, ma del tutto fittizia, era l’abitazione dell’imprendito­re». Da qui la richiesta danni condivisa dai giudici della Corte dei Conti. Il collegio, presieduto da Pino Zingale, in sentenza parla di «chiara violazione dei vincoli del bando, la società infatti «non ha avuto locazioni immobiliar­i e non risulta intestatar­ia di utenze, mobili registrati, di contratti di leasing o assicurati­vi». «Emerge quindi — scrivono i giudici — un quadro criminoso dolosament­e finalizzat­o all’illecito conseguime­nto di risorse pubbliche».

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