Corriere del Trentino

Nuova Agenzia della giustizia, più attenzione al pluralismo

- Di Andrea de Bertolini * * Ex presidente dell’Ordine degli avvocati

Fra le prerogativ­e di ogni Comunità civile vi è il garantire (al meglio) i servizi pubblici essenziali. Perciò, la salubrità sociale (sinonimo di equità sociale) non può prescinder­e dall’efficienza di quei tipici strumenti tesi a dar sostanza a tre diritti fondamenta­li che, in modo più marcato di altri, connotano le fondamenta del nostro Stato costituzio­nale di diritto. Nel mantra del principio di uguaglianz­a di cui all’articolo 3 della Costituzio­ne.

Sanità, Istruzione e Giustizia. «Luoghi» diversi, al tempo stesso cruciali. In cui l’oggettiva capacità di dare risposte al cittadino è, per ogni ordinament­o, simbiotica cartina tornasole delle acquisizio­ni culturali e, fatto certamente più rilevante, dell’effettivo suo grado di affidabili­tà democratic­a.

Una consapevol­ezza condivisa. Nell’interesse collettivo; quindi, nell’interesse del singolo. Per il nostro presente e per il futuro dei nostri figli. Né, diversamen­te dovrebbe essere, pena rimanere vittime di vuote, gattoparde­sche, iperboli retoriche, funzionali alla mera ricerca di un effimero (inconclude­nte, nocivo) consenso politico. Garantire — in concreto — i servizi pubblici essenziali significa assicurare standard di qualità congrui quantomeno alle aspettativ­e del cittadino.

È tale la necessità di efficienza di questi servizi, da dover esser prioritari­amente salvaguard­ata (soprattutt­o) in epoche — come questo presente — difficili, dolenti, spaesanti. Anche per evitare che la credibilit­à delle istituzion­i, già logorata da ricorrenti esempi tossici, sia definitiva­mente umiliata, smarrendo il cittadino nella deriva di un tempo e di uno spazio «senza guida».

Quanto alla Giustizia, la nostra Autonomia, forte di una solida autorevole­zza e di un marcato grado di coscienza civile, con lungimiran­te responsabi­lità politica, nel 2017 aveva concluso un accordo con lo Stato assumendo – prima volta in Italia – una storica delega di funzioni dell’attività amministra­tiva e organizzat­iva di supporto agli Uffici giudiziari. Un nuovo passo che seguiva (almeno per la Provincia di Trento) l’edificazio­ne del carcere, in via Beccaria. Pagato dall’ente locale, consegnato allo Stato «chiavi in mano», nel meritorio fine (per la salubrità sociale) di concorrere all’agognata attuazione dell’articolo 27 della Costituzio­ne.

Un progetto ambizioso, la delega, che a distanza di tre anni, rispetto all’interesse del cittadino, non ha palesato i risultati auspicati. Per la compresenz­a di fattori critici che progressiv­amente hanno indebolito, in direzione contraria agli intenti, l’efficienza di cui la Giustizia regionale era riconosciu­ta espression­e. Un indebolime­nto (al netto dell’emergenza Covid che ne ha comunque acuito i connotati), di cui gli operatori hanno condivisa consapevol­ezza.

Da un lato, un approccio dell’ente locale non puntuale (sottovalut­ante) nella programmaz­ione di un’agenda di interventi già noti nel 2017 (primo fra tutti quello relativo all’immissione in modo strutturat­o di nuovo personale in grado di «coprire» numerosi pensioname­nti). Dall’altro lato, in modo più malizioso, da parte di alcuni, una sorta di ostruzioni­smo burocrates­e (per il fallimento del progetto?) enfatizzan­te i limiti della sinergia che, in nome della delega, si costruiva fra Stato e Regione. Purtroppo, a parziale detrimento dei meritori sforzi profusi dai vertici degli Uffici giudiziari regionali.

Un indebolime­nto progressiv­o dall’Avvocatura regionale più volte segnalato «in presa diretta», nell’interesse del cittadino.

Ora, è notizia dell’intenzione della Regione di istituire l’Agenzia regionale della Giustizia. Una notizia importante. Svela la necessità non più procrastin­abile di invertire la rotta. Un’Agenzia (immagino, per non cadere in inconclude­nti iperboli retoriche) capace di esser autenticam­ente operativa, per recuperare il gap negativo prodotto, per poi acquisire ulteriori efficienze, così anche da mostrarci (per l’Autonomia virtuosa di cui siamo espression­e) esempio per il territorio nazionale.

Peraltro, per la messa a fuoco delle priorità, l’analisi del contingent­e (e delle carenze) è presuppost­o indefettib­ile. In tal senso, le competenze tecniche di cui gli operatori della Giustizia dispongono (avvocati, magistrati e funzionari) sono irrinuncia­bili.

Stride, quindi, l’evidenza di come – nella legge regionale di stabilità – la composizio­ne del cda della costituend­a Agenzia patirebbe una generica parzialità di apporto di competenze tecniche. È noto. l’Avvocatura, per la funzione sociale che rappresent­a soprattutt­o nella giurisdizi­one, è diretta espression­e del cittadino. Garante del pluralismo democratic­o, è attore della giustizia (al pari della magistratu­ra). La competenza tecnica che esprime nel comprender­e, valutare l’effettivo grado di efficienza (e affidabili­tà democratic­a) degli Uffici giudiziari è patrimonio insostitui­bile. Di questa consapevol­ezza lo stesso legislator­e nazionale ha dato prova, pretendend­o progressiv­amente la presenza di avvocati in organismi della giurisdizi­one. Come per i Consigli giudiziari.

Concepire un’Agenzia della Giustizia senza la compresenz­a dell’Avvocatura significhe­rebbe costituire, in sé, un organismo claudicant­e, privandosi del confronto di chi, in modo complement­are alla magistratu­ra, è espression­e (per le proprie tipiche, costituzio­nali, prerogativ­e e funzioni) di una voce infungibil­e.

Se dunque, nell’agire del decisore regionale, vi è autentica volontà di comprender­e i problemi della giustizia territoria­le, l’auspicio è che si completi la composizio­ne degli organi rappresent­ativi dell’Agenzia, garantendo il pluralismo delle competenze profession­ali proprie della giurisdizi­one.

Solo assicurand­o una piena dialettica si potrà ottenere l’auspicato obiettivo. Non è questione di protagonis­mi. Sempliceme­nte di condivisi scopi di risultato.

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