Bar e ristoranti «Chiusi a Natale? Basta, siamo sfiniti»
Failoni: «Sci, regole più dure per aprire»
Bar e ristoranti guardano con preoccupazione al nuovo dpcm nazionale che prevede la conferma della chiusura alle 18 e una serrata per Natale. «Siamo rassegnati e sfibrati» dicono Massimiliano Peterlana e Marco Fontanari. Intanto sul fronte dello sci gli assessori dell’arco alpino stanno preparando proposte più rigide pur di aprire.
TRENTO Lo sguardo è rivolto a Roma. Ed è accompagnato da un’apprensione che, ormai da settimane, è una costante per l’intero settore. «Attendiamo notizie ufficiali sul nuovo dpcm di Giuseppe Conte» spiega Marco Fontanari, presidente dell’associazione ristoratori di Confcommercio. Che ha letto le indiscrezioni circolate in questi giorni sul destino di bar e ristoranti per dicembre, con la conferma della chiusura alle 18 e la serrata natalizia. E non l’ha presa bene: «Siamo preoccupatissimi». Di più: «Speriamo che queste anticipazioni si rivelino sbagliate. Altrimenti la situazione sarebbe drammatica e insopportabile». «Siamo delusi e rassegnati» rincara la dose Massimiliano Peterlana, presidente di Fiepet Confesercenti, che dà voce al sentimento
Stagione sciistica Assessori al lavoro per le contro-proposte Olivi (Pd): «Serve un piano della montagna»
della categoria: «Stiamo navigando a vista da mesi. E siamo sfiniti».
Locali, ancora stop
«Abbiamo investito per adeguare i nostri locali alle misure di sicurezza — dice Fontanari —, abbiamo ridotto l’orario, abbiamo chiuso. E ora rischiamo di perdere dicembre: riapre tutto, ma bar e ristoranti no. Ora basta: siamo stati responsabili, non meritiamo questo». Tanto più, prosegue il presidente dei ristoratori, che in vista degli acquisti natalizi il governo è intenzionato ad allargare l’orario dei negozi e portarlo fino alle 21. «È un accanimento contro di noi — sbotta Fontanari —: la gente è in giro fino a sera ma i ristoranti sono chiusi. Che senso ha?». La proposta di mediazione sarebbe di concedere qualche ora serale: «I ristoranti chiudono comunque alle 14.30, non alle 18. A quel punto, perché non lasciarci almeno tre ore a cena, dalle 19 alle 22? Lavorare solo a pranzo è difficile, ormai si è diffuso un clima di rassegnazione». E se il governo confermerà le intenzioni, avverte, «non pensi di cavarsela con ristori come quelli di novembre. Servono misure immediate. E serve coerenza: bisogna tenere chiusi i confini, agire con rigore per farci ripartire davvero il 6 gennaio». Parla con amarezza e rassegnazione anche Peterlana. Che accusa la politica di «scarsa visione» e messaggi contradditori: «Non c’è stato un ragionamento a lungo termine. Non c’è stata una reale capacità di scelta e ora la situazione dei contagi non è quella voluta: la conseguenza è che dopo la chiusura di novembre ora dovremo chiudere a dicembre. E per noi sarà durissima». Perché, avverte Peterlana, «andare avanti come a novembre non ha senso. E non ha senso chiudere i ristoranti a Natale e alla vigilia: si crea un danno economico enorme per due mezze giornate. Ma di cosa stiamo discutendo?». Il rischio, dice, «è che a gennaio le attività chiudano davvero: stiamo navigando da mesi in acque con onde alte dieci metri. Non ne possiamo più: siamo marinai sfiniti, ci stiamo lasciando morire. Nessuno di noi ha più voglia di battagliare».
La Chiesa
E nel nuovo dpcm ci sarà spazio anche per la messa di Natale, con la richiesta di celebrare più funzioni in modo da evitare assembramenti. Nel frattempo, il vescovo Lauro Tisi si rivolge ai giovani, credenti e non credenti, per chiedere loro di «dedicare del tempo a chi fa più fatica». «Vi sono famiglie e persone — osserva Tisi — che faticano a trovare risposta alle normali esigenze quotidiane e, in molti casi, si vedono scivolare nel baratro della povertà».
Lo sci
Intanto rimane alta la tensione sul fronte della stagione invernale. Con Roma che pare intenzionata a proseguire nella linea indicata, puntando però a una intesa europea e, nel caso non si riuscisse a raggiungerla, alla chiusura dei confini nazionali. Ma gli assessori dell’arco alpino continuano il loro pressing su Roma: «Stiamo lavorando a delle proposte accettabili» assicura Roberto Failoni, che mette in fila i nodi che dovranno essere considerati: «Chiediamo una data certa di apertura della stagione, ristori certi e regole anche più aspre che permettano di aprire». Con gli occhi agli altri Stati, Austria e Svizzera in primis. Visto che il rischio, ribadisce anche Alessandro Olivi (Pd), è che si arrivi al paradosso di poter sciare al di là del confine del Brennero e non al di qua. Con pochi chilometri in mezzo. «Sarebbe quantomeno bizzarro» osserva Olivi, che guarda all’Europa («Su un tema come questo deve dare una direttiva in modo che non si imponga lo Stato più furbo») ma anche all’Euregio: «Perché i governi di Trentino, Alto Adige e Tirolo non possono condividere una linea comune?». La vera sfida però, secondo il consigliere dem, è quella del futuro della montagna: «Più che i ristori, serve un piano straordinario per la montagna». Che
La Chiesa
Messe scaglionate a Natale anti-folla Il vescovo chiede più impegno ai giovani
parta da un assunto: «Oggi la montagna dipende dallo sci. Ma di fronte a quanto sta accadendo si deve avere la creatività di riuscire a dimostrare che a Natale la montagna diventa attrattiva anche senza gli impianti. Questo passaggio può diventare l’elemento che accelera una diversificazione in grado di dare voce a un turismo diverso, considerato finora meno nobile, ma che esiste». Visto che, prosegue Olivi, «se c’è un luogo sicuro e salubre, dove si può evitare gli assembramenti, quello è la montagna». Di qui l’invito a «non farsi trattare con il vezzo urbano di chi pensa di risolvere i problemi chiudendo lo sci, senza aver usato lo stesso metro per il mare». Con una proposta per le seconde case: se gli spostamenti tra regioni saranno consentiti, possono diventare una leva sulla quale agire, grazie alla diffusione dello smart working, per un «turismo non massificato».
Il bilancio
Sul fronte sanitario, ieri infine sono stati 219 i nuovi positivi su 3.955 tamponi. In calo i ricoveri: 446 (meno 6). E 42 le terapie intensive. Sei i decessi, tre dei quali in Rsa. In arrivo, ha annunciato l’assessora Stefania Segnana, altri 20.000 vaccini anti-influenzali. Mentre con il Cibio si stanno sperimentando i test salivari. E da martedì i tre comuni rossi torneranno gialli.