Ospedali, mancano 50 medici Medicina ne fornirà 60 nel 2026
Sono già trenta gli specializzandi in corsia
Alla sanità trentina, secondo le stime, mancano 50 dottori. La scuola di Medicina ne sfornerà 60, ma dal 2026. Poi ci vorranno 5 anni di specializzazione. Sono questi alcuni numeri che emergono dalla fotografia del sistema sanitario locale, virtuoso per la sua efficienza ma poco attrattivo per i giovani medici, secondo anche quanto dice il primario Grandi. Intanto l’Ordine dei Medici ha avuto la disponibilità da parte di 29 dottori a dare supporto alla centrale Covid, bersagliata di chiamate.
TRENTO Un miliardo e 190 milioni di bilancio, più di 8.500 dipendenti, 1.100 medici e sette ospedali, 335 medici di medicina generale a cui vanno aggiunti una settantina di pediatri: sono alcuni dei numeri del sistema sanitario trentino. Dove il pubblico svolge la parte del leone (oltre il 90 per cento). Afflitto però da problemi endemici della sanità italiana: ossia carenza di medici. Una cinquantina secondo Nicola Paoli, segretario regionale della Cisl medici, 193 quelli in pensione dal 2012 al 2025 secondo le stime fornite dall’ex direttore dell’Azienda Paolo Bordon un paio di anni fa. Anestesisti e medici di pronto soccorso sono le discipline più cercate. Tutto questo nel mezzo di una pandemia, che dovrà essere guadata da un neo nominato direttore sanitario, Pier Paolo Benetollo. All’orizzonte le sfide: il Not, nuovo ospedale di Trento, il cui bando da 1,5 miliardi è ostaggio di ricorsi su ricorsi al Tar e la Scuola di medicina, appena inaugurata.
I numeri
Stando al report dell’Azienda sanitaria con dati aggiornati al 31 dicembre 2019, i dipendenti dell’intero comparto sono 8.513. Si va dal cuoco al veterinario, dall’elettricista all’impiegato fino al primario. Di questi 6.122 sono donne, gli altri uomini. Tra queste almeno 2.600 sono infermiere, circa 200 le ostetriche, e almeno 300 le amministrative. I medici erano 1.064, 505 uomini, 515 donne (full time) cui vanno aggiunte altre 42 donne e 2 uomini part time. Poi ci sono 89 direttori, ossia coloro che hanno le qualifiche più elevate: 11 sono donne e 78 uomini. Lo stipendio medio dei 372 medici dirigenti (al lordo delle contribuzioni) è di 118 mila euro annui. Il numero delle prenotazioni per visite nel 2019 è stato di 1.423.748 in continuo amento dal 2014: di queste la stragrande maggioranza, 1.257.700, si è svolto in regime istituzionale, 166.048 in libera professione. A dimostrazione, ancora una volta, della centralità del pubblico nel sistema sanitario trentino: il tempo di attesa, nel 2019, è stato in media di un giorno con Rao A (cioè l’indicatore di priorità più alto) e di 14 con Rao E.
La carenza dei medici
Eppure nonostante l’efficenza che potrebbe trasparire da questi indicatori anche il sistema trentino soffre della diaspora dei medici: per i pensionamenti da un lato e per la ridotta attrattività dall’altro. Bordon, due anni fa, aveva annunciato una stima legata ai pensionamenti dal 2014 al 2025: erano 189 i medici che avrebbero lasciato il posto. Paoli si focalizza sull’oggi: «Una carenza di 50 medici oggi è una stima verosimile — afferma — Di certo abbiamo il problema di una decina circa di primari che è appena andata e andrà in pensione nei prossimi mesi. Ci sono reparti sottorganico e c’è il servizio ospedaliero che va riorganizzato. Faccio un esempio:è possibile che in piena pandemia manchi il primario di infettivologia e il facente funzioni? Si fanno bandi di concorso ma i medici non vengono. Spero che il dottor Benetollo, con cui abbiamo lavorato benissimo in questi mesi, metta mano adesso anche a questa situazione». Una decina sono invece i medici ci medicina generale mancanti sui 335 presenti, cui si aggiungono una 70ina di pediatri. «Ma il concorso è in atto. Vorrei — conclude Paoli — fare un appello alla popolazione: riceviamo 100 chiamate al giorno dai cittadini, presi dall’ansia. Li invito a mantenere la calma e a non chiamare per le motivazioni più disparate perché siamo in affanno».
I settori a rischio
Anche Giovanni Maria Guarrera, a capo del servizio ospedaliero provinciale, riconosce «che dieci medici di pronto soccorso in più farebbero comodo. Altri comparti in sofferenza, da noi come anche più nel resto di Italia, sono l’anestesiologia e in misura minore l’ortopedia e la radiologia. Anche la medicina di base e il mondo della continuità assistenziale presenta delle criticità. Devo dire che noi, rispetto a altre regioni italiane, abbiamo guidato il turnover e l’età media si è abbassata: tra 10 anni saremo messi meglio di altri che il turnover non lo hanno avviato. Certo che se il 50 per cento dei nostri reclutati viene da fuori è chiaro che appena può torna a casa».
Le prospettive
Un’emorragia che Cesare Grandi, al vertice dell’Associazione nazionale primari ospedalieri per il Trentino, riconduce anche a due altri fattori: «La mancanza di ricerca applicata alla clinica e la scarsa attrattività in termini contrattuali del Trentino: in passato avevamo un contratto più vantaggioso del resto d’Italia ma oggi non c’è molta differenza. Essendo il Trentino una zona periferica rispetto alle grandi città che attraggono i giovani bisogna invogliarli anche attraverso dei contratti più allettanti». Ma basterà? Forse no.E allora si guarda come a un miraggio alla facoltà di Medicina, che costa 1.4 milioni quest’anno e 6,2 a regime. Che potrebbe fare ricerca e immettere nuove leve nel sistema: ad oggi al primo anno sono iscritti 60 studenti, 40 residenti in Trentino Alto Adige. Ma diventeranno medici fra sei anni. E poi ci vorranno altri 5 anni per la specializzazione. Una scorciatoia potrebbe essere quella delle specialità, che potrebbero partire tra due anni e dove potrebbero essere richiamati trentini attualmente iscritti in altre città. Prima di 5-6 anni però di medici fatti e finiti non se ne vedranno. Intanto il Trentino ha già iniziato a puntare sugli specializzandi: «Siamo partiti — spiega Guarrera — due anni fa, prima di tutti. Sono circa 30 gli specializzandi assunti in questo modo».