«Centrale Covid, pronti trenta pensionati»
«Un sistema sanitario pubblico al 95 per cento che funziona ma che valorizza poco le professionalità». Così il presidente dell’Ordine dei medici Marco Ioppi sintetizza pregi e difetti del sistema sanitario trentino. «Pochissimi medici sono rientrati dalla pensione per l’emergenza Covid, ma in 29 già si sono resi disponibili a supportare la Centrale Covid nell’operazione ascolto» afferma.
Dottore, quali sono i punti di forza e debolezza del sistema sanitario trentino?
«Sicuramente avere un’unica azienda sanitaria che corrisponde alla Provincia autonoma la pone in netto vantaggio rispetto all’Italia. Il 95 per cento della sanità trentina si fonda su medici e infermieri dipendenti e solo in piccola parte sulla medicina privata: e se la carenza di competizione può rappresentare a volte uno svantaggio, è utile perché utilizza protocolli e linee guida univoche, e questo è fondamentale per gli operatori. Abbiamo una distribuzione capillare dei servizi sul territorio e strutture ospedaliere non cadenti, con attrezzature che vengono sempre rinnovate. Non dimentichiamo la componente del volontariato, con tantissime associazioni che vanno a integrare l’opera e l’attività del pubblico».
E i punti di debolezza?
«Ci vorrebbe una migliore attenzione alla gestione del personale: non è possibile che, siccome siamo messi meglio della Calabria stiamo fermi. Noi abbiamo le capacità organizzative per fare da laboratorio alle altre regioni. L’Azienda sanitaria non può avere come solo scopo il pareggio del bilancio, bisogna potenziare le risorse economiche a favore della sanità. Dobbiamo capire che il personale socio sanitario, i dipendenti, medici e infermieri, sono risorse preziose su cui investire e a volte il pubblico questo non lo capisce. Faccio un esempio: chiediamo da mesi che il medico che lo desidera possa sottoporsi periodicamente al tampone. Per avere tranquillità per se stesso ma anche per i pazienti: solo ora pare che questa cosa sia stata accolta».
C’è poi il nodo delle carenze di personale: lo confermate anche voi?
«Certo. Ci sono medici che vanno in pensione e non vengono sostituti, un problema che nei prossimi mesi interesserà anche alcuni primari. E non vengono banditi i concorsi».
Ci sono dottori che sono rientrati dalla pensione per dare una mano nella pandemia?
«Nella prima fase tanti medici erano tornati operativi, nella seconda direi pochissimi».
Dieci?
«No meno. C’è preoccupazione per la salute e l’organizzazione carente che per molti non merita i sacrifici. Ci sono invece già 29 medici che in due giorni hanno aderito a un’iniziativa lanciata dall’ordine. Ossia quella di dare supporto alla Centrale covid per migliorare la comunicazione, rispondendo alle telefonate continue, offrendo ascolto e supporto tecnico, clinico e psicologico».