Sci a Natale, le Regioni insistono
Oggi vertice decisivo, mediazione difficile. Fugatti: «Se salta tutto, compensazioni certe»
Il tempo stringe e le speranze di trovare una mediazione si assottigliano. Ma questa mattina le Regioni torneranno alla carica per chiedere ai ministri Boccia e Speranza una qualche apertura sulla stagione sciistica nonostante l’intenzione di chiudere i confini fino all’Epifania. «Se questa apertura non ci sarà, i ristori devono essere certi per tutto il settore» avverte Fugatti. Intanto i rifugi in quota registrano cali importanti.
TRENTO Il confronto con il governo ci sarà oggi. «E sarà una battaglia» ammette l’assessore provinciale Roberto Failoni, che non ha perso la grinta. Ma le premesse non sono buone. Perché le speranze di trovare una mediazione con Roma sull’avvio della stagione sciistica in occasione delle feste di Natale si assottigliano giorno dopo giorno: ormai, alla firma del nuovo dpcm del premier Conte manca pochissimo. E le indiscrezioni, che ogni giorno si rincorrono, sembrano andare in direzione opposta alle richieste delle Regioni dell’arco alpino. Trentino incluso.
Gli assessori dei territori «sciistici», in realtà, non mollano. E ieri hanno rilanciato di nuovo, chiedendo al governo di valutare una ulteriore proposta di mediazione: vale a dire, aprire gli impianti a Natale per residenti, ospiti degli alberghi (con la prenotazione per almeno una notte) e proprietari di seconde case, in modo da garantire la partenza della stagione controllando l’afflusso sulle piste.
Una linea che si è scontrata subito però con le intenzioni di premier e ministri: in vista del nuovo dpcm, infatti, Roma sembra pensare al divieto di spostamento tra regioni dal 20 dicembre al 6 gennaio e alla possibilità di arrivare nella seconda casa solo prima del «blocco». Una doccia fredda, in una giornata che ha fatto segnare però una nota positiva da Oltralpe: le sicurezze di un’apertura degli impianti a Natale in Austria sembrano meno granitiche e una decisiodei ne verrà presa solo domani.
«Il governo ha mostrato di avere posizioni abbastanza chiare, ma speriamo ci possa essere qualche spiraglio» spiega il governatore Maurizio Fugatti, in vista dell’incontro di questa mattina con i ministri Francesco Boccia e Roberto Speranza. In Alto Adige, invece, Arno Kompatscher si dice «pessimista». «Noi — prosegue Fugatti — abbiamo sempre ragionato partendo da un punto fermo: la stabilizzazione contagi. Se ci sarà, la proposta è quella degli assessori». Anche con i confini chiusi? «Se il governo facesse qualche apertura, si potrebbe consentire lo spostamento a chi ha un pernottamento, una casa in affitto o una seconda casa». Se il governo invece manterrà la linea dura, «allora deve dare la garanzia di ristori certi a tutto il settore, nella stessa percentuale di fatturato del dicembre 2019. Fissando una data certa di apertura: a quel punto, il 7 gennaio». Al governo, però, oggi gli assessori ribadiranno un concetto: «Abbiamo visto assembramenti nelle città — osserva Failoni — e poi gli unici a cui vengono imposte chiusure sono i lavoratori della montagna».
E in attesa del vertice di oggi, si dicono sconsolati gli albergatori. «La situazione è grave» ammette Giovanni Battaiola, presidente di Asat. Che è lapidario: «La vacanza non può prescindere dallo spostamento
tra territori. E a meno che la gente non vada nell’albergo sotto casa, se la mobilità tra regioni sarà preclusa diventa impensabile aprire». Insomma, una stagione che sulla carta si preannunciava già difficile si sta rivelando da incubo per chi ha una struttura ricettiva in montagna: «Non sono un virologo — dice Battaiola —, purtroppo sono un albergatore. Speravamo di aprire a Natale e Capodanno perché è un periodo di ferie: le scuole sono chiuse, le aziende si fermano. Pensare di inaugurare la stagione a gennaio vuol dire accontentarsi di qualche weekend, perché a gennaio le scuole riprendono. Senza contare il fatto che per poter godere delle ferie c’è bisogno di una certa disponibilità economica». Ma il presidente di Asat vuole togliersi anche qualche sassolino: «Quest’estate, in montagna, i protocolli li abbiamo rispettati. Mi fa arrabbiare notare questo preconcetto secondo il quale sicuramente noi non riusciremo a far rispettare le regole, a far mettere la mascherina e a far rispettare i distanziamento. Non ci sto: se si può andare al bar e al ristorante in città, perché non lo si può fare in quota, visto che noi abbiamo già dimostrato responsabilità e visto che i protocolli ci sono e sono stringenti?». C’è poi un ultimo aspetto. Drammatico: «A gennaio, dopo un Natale e un Capodanno fermi, alcuni alberghi potrebbero non aprire».
Contesta invece la proposta di Failoni e degli assessori il sindacato. «Una proposta simile — tuona Stefano Montani, segretario Filt Cgil — non aiuterebbe nessuno, tanto meno gli impiantisti ed i lavoratori che rischierebbero, in caso di aggravarsi della situazione sanitaria, di essere ingiustamente accusati di essere coloro che aumentano la diffusione del contagio. Le società funiviarie hanno annusato l’aria ed alcune hanno iniziato a richiedere l’apertura del Fondo di solidarietà per i propri dipendenti»
Dall’altra parte, a denunciare la «monocultura dello sci» sono gli ambientalisti. «Pur comprendendo la preoccupazione di gestori, amministratori locali e abitanti per il rischio concreto di una perdita di reddito non indifferente — scrive Cipra Italia — è sconcertante la focalizzazione esclusiva su questo settore della montagna, come se non esistesse altro». Cipra parla di «debolezza del sistema» e denuncia il fatto che «l’industria dello sci sopravvive perché da decenni è per lo più sostenuta con enormi iniezioni di denaro pubblico». Invita infine a puntare sulla differenziazione dell’offerta, allontanando l’idea di nuovi collegamenti sciistici.