Richiedenti asilo futuro incerto: «Manca visione»
Già 60 ospiti spostati. Grosselli: la Provincia dia risposte sul personale
Attualmente sono 120 gli ospiti della residenza Fersina, circa sessanta sono già stati trasferiti negli appartamenti diffusi sul territorio, principalmente a Trento e Rovereto. Ma questo è solo l’inizio del percorso che porterà alla chiusura della residenza Fersina, disposta dalla giunta entro il 28 febbraio. Resta tuttavia una domanda: e ora, quali sono le intenzioni della Provincia? «Manca una visione, un disegno complessivo», riflette Stefano Canestrini, coordinatore del Centro Astalli, che tuttavia propone una soluzione innovativa che punti sul «welfare integrato» e «coinvolga Comuni e enti intermedi».
TRENTO L’ultima delibera definisce un orizzonte temporale certo, confermando quanto già disposto il 29 settembre: la residenza Fersina chiuderà. La struttura di via al Desert che dal 2016 ha accolto fino a un massimo di 250 richiedenti protezione internazionale verrà dismessa entro il 28 febbraio e i suoi ospiti trasferiti negli appartamenti dislocati sul territorio (principalmente Trento e Rovereto). Per la verità le procedure sono già partite: quasi sessanta ragazzi sono stati accompagnati nelle nuove residenze, ossia appartamenti che ricordano l’approccio diffuso di un tempo, meno concentrato in maxihub. Resta tuttavia una domanda: e ora, quali sono le intenzioni della Provincia? «Manca una visione, un disegno complessivo», riflette Stefano Canestrini, coordinatore del Centro Astalli, che tuttavia propone una soluzione innovativa che punti sul «welfare integrato» e «coinvolga Comuni e enti intermedi». Obiettivo: immaginare progetti di accoglienza (e integrazione) partecipati in modo orizzontale dal territorio.
Allo stato attuale sono circa 120 gli ospiti presenti alla resifronto denza Fersina che fino a fine febbraio sarà gestita dalla Croce Rossa. Poi, come detto, saranno trasferiti in piccole unità abitative a Trento e Rovereto (la maggior parte, più di 170) e altri 76 saranno invece ospitati in altri Comuni tra Arco, Castel Ivano, Cles, Ledro, Nogaredo Pergine Valsugana, Predaia, Stenico, Villa Lagarina e Ville d’Anaunia. Esattamente un anno fa la giunta provinciale disponeva il blocco dell’accoglienza diffusa, privilegiando le grandi strutture. Oggi invece si incede nel verso opposto (da capire se incidentalmente o volontariamente) con il superamento di un modello basato sui grandi hub che gli operatori dell’accoglienza apprezzano.
C’è però, fra gli altri, un nodo da sciogliere da qui al 28 febbraio servono garanzie per i tredici lavoratori della residenza Fersina. «Il tema occupazionale va portato a un concon la Provincia — riflette Andrea Grosselli, segretario della Cgil — Abbiamo creato un patrimonio di competenze e uno scenario possibile sarebbe quello di reinserire il personale in progetti che riguardano il tema dell’integrazione delle seconde generazioni». L’altro nodo è presto sintetizzato: posta la chiusura di Fersina, in futuro che genere di approccio sceglie la Provincia? «Il modello dovrebbe essere quello dell’accoglienza diffusa, ma di soluzioni la giunta Fugatti ne presenta poche».
A fronte di una cesura certa, a mancare è la pianificazione futuribile. «Quando Fersina è nata si trattava di una struttura emergenziale ma la logica era di procedere verso un progetto di accoglienza diffusa», ricorda Stefano Canestrini, coordinatore di Astalli. Tuttavia quel sistema capillare è stato troncato con una delibera di fine 2019 che riduceva drasticamente l’ospitalità periferica. «Ora però si riavvolge il nastro — rimarca Canestrini — e dal punto di vista dell’accoglienza cogliamo con favore che si vada verso un modello che non prevede grandi strutture preferendo una relazione sul territorio». Tuttavia c’è un «ma». «Non vediamo però un disegno compiuto», sottolinea Canestrini. La domanda da porsi allora è: cosa accadrà a marzo? «Ci sarà un’accoglienza più concentrata su Trento e Rovereto, in una logica maggiormente diffusa fra i due Comuni. Arriveremo poi anche alla riduzione di quelli che furono i posti Sprar, da 132 a 83 — dice ancora — Ma la vera sfida sarà quella di costruire un progetto di welfare integrato, coinvolgendo enti intermedi e enti locali che sono da sempre più vicini ai cittadini, alle persone». Canestrini ipotizza quindi una regia affidata al Consorzio dei Comuni re-immaginando un’accoglienza diffusa e meglio strutturata del passato, superando così un modello buono ma perfettibile.
Canestrini (Astalli) «Enti locali e intermedi possono costruire un modello diffuso e di welfare integrato»