Gianni Faustini, testimone di mezzo secolo
Il giornalista si è spento a 85 anni. Un lungo cammino tra Rai, quotidiani e Ordine Ferrandi: «Cristiano, ma attento alla laicità». Il figlio: da lui una lezione di libertà
Lutto nel mondo dell’editoria trentina: si è spento all’età di 85 anni il giornalista Gianni Faustini. «Una perdita per il giornalismo e per la comunità regionale» lo ricorda l’ordine dei giornalisti.
TRENTO Esistono interessi di breve durata, altri che accompagnano tutta la vita. E per Gianni Faustini il giornalismo è stato proprio questo: una passione che, ripercorsa a ritroso fino agli esordi, porta indietro di oltre mezzo secolo. Attraversa la storia e le pieghe di una regione, il Trentino Alto Adige, da lui raccontata come giornalista, direttore di quotidiani e infine studioso della deontologia professionale. Adesso che la morte l’ha spento, a 85 anni, a Faustini torna l’abbraccio della sua terra. Dalle istituzioni, con il cordoglio del presidente del consiglio provinciale Walter Kaswalder e di quello regionale Roberto Paccher, alla Fondazione Museo storico del Trentino, passando per l’Ordine dei giornalisti, Assostampa e l’Unione cattolica stampa italiana.
Nato nel 1935 a Trento, diplomato al Liceo classico Prati, proseguì gli studi all’Università di Pavia, laureandosi in lettere e filosofia. Si iscrisse all’ordine dei giornalisti nel 1962. Lo ricorda con piena riconoscenza Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino, di cui Faustini fu tra i padri fondatori. «Dispensatore discreto di consigli, tessitore di relazioni, capace di usare l’ironia per descrivere la realtà. Pur da esponente della cultura cristiana, coltivava con cura la sua laicità. Attento agli umori dell’opinione pubblica, ma anche alla dimensione pubblica della storia, è stato un interlocutore indispensabile per il nostro territorio. Terra di cui ha sempre considerato il futuro entro coordinate geografiche ampie», dice Ferrandi. La storia di Faustini si lascia attraversare dal fil rouge di un convinto regionalismo. «Ha sempre cercato una visione regionale della politica, anche quando la regione ha iniziato a contar meno. Era tra i fautori di una casa comune dei territori», spiega Daniele Benfanti, autore della biografia del giornalista trentino (2016).
L’attenzione alle vicende del territorio fu la stella polare di una carriera iniziata fin da giovanissimo. A 24 anni arrivò a Roma, in qualità di esperto presso il sottosegretario della presidenza del consiglio Carlo Russo ( il presidente era Antonio Segni). Si occupava della questione altoatesina, di anni tormentati da profonde faglie culturali. Poi l’inizio della professione che avrebbe cullato fino all’ultimo giorno. Da giornalista fu firma politica a L’Adige, dal 1960 al 1966, volto e voce per la Rai, dal 1966. Fu il primo presidente dell’Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige (1972-1977). Fece il suo primo ingresso in redazione da direttore nel 1976, all’Alto Adige. Vi restò fino al 1980, prima di rientrare dalla porta de L’Adige, questa volta per guidarlo, nel 1981. Dice di lui Carlo Giordani, ex redattore sportivo del quotidiano: «Cercava di imporsi con l’autorevolezza e non con autoritarismo». «Era un momento difficile, il giornale si stava trasformando dall’essere un giornale di partito (della Democrazia Cristiana) a qualcosa di diverso — continua — Faustini ebbe il compito arduo di rilanciarlo. Inaugurò la strada verso un quotidiano indipendente e autonomo».
L’uscita di scena, nel 1984, portò il giornalista verso battaglie deontologiche, sia come presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, dal 1991 al 1995, che come professionista, in ambito accademico. «La scomparsa di Gianni Faustini è una perdita per il giornalismo italiano e per la comunità culturale e civile del Trentino-Alto Adige», scrivono Mauro Keller, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Trentino-Alto Adige, di cui Faustini era presidente emerito, e Alberto Folgheraiter, presidente del Consiglio di disciplina dell’Ordine regionale.
Tanto presente in pubblico quanto riservato custode della sfera privata, di lui resta l’intimo ricordo del figlio Alberto Faustini, direttore de L’Adige e dell’Alto Adige. «Tengo stretto il testimone professionale che mi hai passato, insieme alla lezione di libertà che mi hai trasmesso in anni lontani. Molti perdono un faro, un maestro, un esempio, una guida. Io perdo, insieme a tutto questo, il padre col quale ho dialogato con profondo rispetto ogni giorno, fino alla fine. Non c’è tua parola che andrà perduta. La tua lezione resta. E cercherò di portarla avanti ogni giorno. In famiglia. Nella vita. Nel lavoro. Come scriverebbe il grande Gianni Mura, ti sia lieve la terra».
Il ricordo La sua scomparsa è una perdita per il giornalismo