Corriere del Trentino

«Diceva di essere tormentato dalle donne»

- Do. Ba.

«Diceva che le prendeva, ma in realtà era lui a picchiare». I conoscenti e gli amici di Lorenzo Cattoni ieri erano sconvolti. Anche se non dimentican­o l’amico di tutte le feste il dubbio che l’uomo potesse essere violento lo avevano avuto. Perché raccontava di essere tormentato da donne che lo picchiavan­o. E invece, purtroppo, era l’opposto.

Lorenzo Cattoni non ha mai nascosto la violenza che si consumava nel suo rapporto con la compagna Deborah Saltori. Delle liti, degli alterchi, e anche delle botte ne parlava apertament­e con gli amici: «Solo che girava la questione, diceva sempre che era lui la vittima, che era lui che le prendeva», osserva con amarezza una donna di Nave San Rocco, il Comune della Rotaliana dove Lorenzo Cattoni è cresciuto, dove abitava con la famiglia da quando era costretto agli arresti domiciliar­i dopo le denunce per violenza domestica.

Con lei un altro coetaneo, circa della stessa età di Cattoni: «Abbiamo trascorso assieme l’adolescenz­a, ma anche dopo siamo rimasti in contatto. Amici — dice convinto —, siamo amici perché si può dire tutto ma

Lorenzo è sempre stato l’anima della festa, il primo a farsi avanti se serviva qualcosa.

Siamo stati assieme nei pompieri, assieme in mille altre occasioni e anche a

Natale gli ho mandato un messaggio di auguri, e anche poche settimane fa ci siamo sentiti per organizzar­e un lavoro in campagna che poi non si è più fatto». L’uomo è scosso, incredulo: «Io davvero non so come sia potuto succedere tutto questo». Ma la donna, poco distante, abbassa lo sguardo, per poi alzarlo e parlare con la voce sicura: «Ma dai, questo no. Perché le avvisaglie erano tante. Guarda caso toccavano sempre a lui le donne che lo picchiavan­o, quella di prima e quella di adesso. Ho visto anch’io i lividi sul suo collo al tempo della prima denuncia per violenza...». Non aggiunge altro, non cerca spiegazion­i, non accetta giustifica­zioni: «Da donna non posso», perché quei lividi sul collo di Cattoni erano forse i segni dell’ennesima difesa di Deborah, «ma anche se fosse stata lei a cominciare, perché?». Per la donna — «e parlo proprio in quanto donna», sottolinea — l’asimmetria della violenza di genere è un qualcosa di culturale che si innerva di tragica realtà. Lo prova a dire con le sue parole: «Lui diceva che le prendeva, ma alla fine è lei che è morta». Anche l’amico annuisce: «Con gli altri non era mai aggressivo, che mi ricordi non ha mai alzato le mani con nessuno. Ma la violenza — ammette — era nelle sue relazioni, ogni volta la stessa storia. Litigi e botte, e diceva sempre che la vittima era lui, che se la colpiva era per difendersi». L’amico ripensa al dramma che si è consumato: «Ero stato anch’io in quel capanno, nel bait su a Cortesano», lì dove Lorenzo Cattoni si è scagliato su Deborah Saltori, uccidendol­a, per poi tentare il suicidio. «Lo so che è brutto da dire, ma in tanti lo pensano: forse era meglio che morisse anche lui». L’amica abbassa lo sguardo un’altra volta: «Forse era meglio che lui non la uccidesse».

Violento La violenza era nelle sue relazioni da sempre

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