Presidio per Deborah, Provincia sotto accusa
Educazione di genere, Bisesti: non siamo fermi
Tante le persone ieri in piazza S. Maria all’iniziativa contro i femminicidi. Critiche alla Provincia sulla prevenzione: «Educazione di genere bloccata».
TRENTO Attorno allo striscione con la scritta «Fermiamo i femminicidi» si sono radunate ieri tante persone in piazza Santa Maria Maggiore. Un’iniziativa promossa dai sindacati e dalle associazioni sociali e culturali a cui hanno aderito anche il Comune e la Provincia, la Procura e la Camera Penale. Un appuntamento per ricordare il dramma che in pochi mesi ha colpito due donne trentine, Deborah e Agitu, che però si è trasformato a tratti in un comizio contro le mancanze della giunta Fugatti in tema di prevenzione: «I corsi di educazione alla relazione di genere nelle scuole che sono stati bloccati devono essere riattivati. Subito. La loro chiusura ha alimentato il degrado sociale e culturale», ha affermato Maria Giovanna Franch leggendo un testo a nome di Barbara Poggio, prorettrice dell’Università di Trento.
L’assessore Mirko Bisesti, presente a nome della giunta, ha cercato di difendersi: «Oggi è il momento del cordoglio, non della polemica. Ci sono altri luoghi, altre forme per confrontare le proprie posizioni». Sul punto della mancata riattivazione dei percorsi nelle scuole dopo lo stop di ormai due anni e mezzo fa, è però in disaccordo con la piazza che non lo ha accolto con grande entusiasmo: «La scuola su questo è attiva. Ci sono tantissimi insegnanti coinvolti assieme all’Iprase, che stanno svolgendo un’attività quotidiana su questi temi. La scuola è dunque impegnata al massimo».
Della necessità di investire sulla prevenzione, ha parlato anche il procuratore della Repubblica di Trento Sandro Raimondi: «La violenza contro le donne va oltre la giustizia», che arriva ex post, dopo che l’evento estremo è stato messo in atto, siano le botte tra le mura domestiche che il femminicidio. «La giustizia ha bisogno di un’alleanza con il sociale, perché da sola non è sufficiente». E su questa linea si è espresso Filippo Fedrizzi, presidente della Camera penale: «C’è bisogno di educazione e rieducazione. Educare i nostri figli a capire che il contrario di amore non è solo odio, ma anche possesso. Rieducare chi si è macchiato di delitti di violenza contro le donne, chi esce dal carcere dopo una condanna per questi reati. Servono dei corsi appositi che però non sono attivati. Ed è ora di passare dalle parole ai fatti». I percorsi «Cambiamenti», gestiti da Alfid e Famiglia Materna. A nome di quest’ultima associazione ha parlato Anna Michelini: «Devono essere ripristinati, è importante». Lo saranno dalla fine di marzo come annunciato dal dirigente Ruscitti al Corriere del Trentino.
Toccante la testimonianza dei genitori di Alba Chiara Baroni, la ragazza trentina uccisa dal suo fidanzato nel 2017, forti le parole di impegno sociale nel contrasto della violenza da parte dei sindacati, delle Acli e delle associazioni che si sono alternate al microfono. Tanti gli esponenti della politica e delle istituzioni in piazza. Il sindaco Franco Ianeselli accompagnato dalla giunta quasi al completo che ha chiesto alla sua città «una presa di coscienza», la consigliera provinciale Sara Ferrari del Pd, Paolo Zanella di Futura, Lucia Coppola di Europa Verde. Tanti anche i consiglieri comunali tra cui il capogruppo Pd Italo Gilmozzi con Minella Chilà e l’esponente della Lega Vittorio Bridi.
Fedrizzi «Educare i figli a capire che il contrario di amore non è solo odio ma anche possesso»