UNIVERSITÀ, LA FESTA È FINITA
Quando si leggono i commenti sull’esito di una competizione elettorale, non è facile distinguere tra lo scienziato distaccato e l’entusiasta e zelante sostenitore di parte.
Lo conferma l’editoriale di Giuseppe Sciortino apparso su questo giornale in merito al nuovo rettore dell’Università di Trento. Flavio Deflorian ha ottenuto un successo straordinario. L’ampio consenso personale rappresenta un premio per il lavoro svolto e una gravosa delega per il futuro. Gli elettori hanno dimostrato fiducia e ora attendono risultati corrispondenti alle aspettative. Il successo del rettore eletto è innegabile, ma i dati su partecipazione e risultato suggeriscono considerazioni diverse rispetto a quelle proposte nell’editoriale. Scrive Sciortino: «Con una partecipazione straordinaria, aiutata dal voto elettronico, il personale ha manifestato ancora una volta un senso di appartenenza molto forte. C’era chi sosteneva che l’ateneo trentino fosse ormai narcotizzato e atomizzato». In questo passaggio sono mescolati, al solo scopo di giustificare una polemica pregiudiziale e fuori luogo, temi che vanno mantenuti distinti. Il senso di appartenenza a una comunità vera e solidale non è mai stato in discussione. A meno che non si voglia sostenere che la critica sia incompatibile con il senso di appartenenza e che solo il consenso plebiscitario costituisce il fondamento di una comunità. L’alto numero di votanti non è di per sé un indicatore di salute democratica. L’espressione «maggioranza bulgara» non deriva certo da sistemi esemplari per quel che riguarda la spontanea e convinta partecipazione. Come ha osservato Deflorian, mentre in tanti hanno assistito agli incontri con i candidati, solo poche persone hanno partecipato alle discussioni nel forum dell’ateneo e hanno proposto riflessioni e domande. Il ricorso al voto elettronico ha avuto un effetto decisivo. Il non dover andare in un seggio allestito presso una sede dell’ateneo ha certamente incoraggiato a votare i docenti fuori sede e quelli meno motivati. I candidati erano due ma non c’è mai stata vera competizione. Massimiliano Sala ha presentato il suo programma solo pochi giorni prima del voto. Molto spesso si è dichiarato non a conoscenza dei problemi, ancor più spesso si è dichiarato d’accordo con il suo rivale. La sua campagna elettorale si è rivelata «gentile», come la definisce Sciortino, perché mai la sua proposta è apparsa alternativa. Le persone hanno votato, forse indipendentemente dai contenuti, per l’unica persona che sembrava capace. Il loro voto rappresenta più un investimento per il futuro che un giudizio positivo sul passato. Da questo punto di vista è vero che Collini ha vinto ma ha vinto perché ha trionfato il candidato che ha voluto e sostenuto. Non è detto che il voto sia «l’indizio di un giudizio positivo sul rettorato precedente». Del resto lo stesso Sciortino non è molto generoso nell’elencare i meriti del rettore uscente. Si limita a ricordare «i due momenti tra i più difficili, ma anche più epici» della storia dell’ateneo: il conflitto con la Provincia sulla scuola di medicina (da novembre 2019) e la gestione della pandemia (da marzo 2020). Ma il rettore è in carica dall’aprile 2015: nulla da ricordare nel periodo precedente? Il progetto di medicina è stato imposto dall’esterno e sono ancora tante le incognite; la gestione della pandemia è stata predisposta dalla Conferenza dei Rettori tanto è vero che gli atenei italiani hanno raggiunto gli stessi livelli di efficienza e sicurezza. Sciortino sottolinea che grazie a Collini si è registrato un aumento del numero di docenti e ricercatori. Ma questo è il frutto di investimenti precedenti e del lavoro dei dipartimenti. Chiunque fosse stato al posto di Collini avrebbe ottenuto lo stesso risultato. Al rettore si può attribuire invece un altro dato: la riduzione, o almeno il mancato incremento, del personale tecnico e amministrativo. La situazione è più complessa di quanto non appaia all’esterno e Sciortino lo ricorda al nuovo rettore. Terminata la festa, si dovranno affrontare i tanti temi che da tempo sono sul tappeto. Nelle parole di Sciortino sembra che il rettore li debba affrontare da solo. Come dire: la vittoria è di tutti ma i problemi sono di chi ha vinto. In una comunità coesa, invece, vince uno solo ma il lavoro è collegiale perché solo insieme si costruisce il futuro.