«Perle d’arte», cinquanta autori in mostra
Alla Casa degli Artisti a Canale di Tenno una mostra raccoglie opere di cinquanta autori trentini. La selezione segue il filone dei sessantatré volumi della Cat di Maroni
Due vie attraverso cui celebrare l’arte e la creatività. Da un lato, i sessantatré volumi che compongono la «Collana degli Artisti Trentini - Cat», una puntuale ricognizione di cinquantatré tra pittori, scultori, incisori e architetti trentini (per nascita o per adozione), di cui Riccardo Maroni (Riva del Garda, 1896 – Trento, 1993) racconta la vita e le opere. Dall’altro, alcuni tra i quadri raccontati nelle monografie, sembrano uscire dalle pagine e materializzarsi nel raffinato percorso espositivo che insieme compongono.
Si dipana seguendo questo duplice binario «Perle d’arte. La collana degli artisti trentini», la mostra allestita a Casa degli Artisti G. Vittone di Canale di Tenno che fino al 17 ottobre permette, tra l’altro, di ammirare due capolavori non più esposti da oltre cent’anni: Segherie in Val di Sole
(1886) di Bartolomeo Bezzi e
Studio e lavoro (1895) di Eugenio Prati.
Il paesaggio, colto nella pienezza dei suoi colori, e la figura femminile nella sua presenza assorta, distante, quasi trasognata sono due temi tra i prediletti della pittura di fine Ottocento, che Bezzi e Prati interpretano caricandoli di suggestione. L’ultima volta che Segherie in Val di Sole venne mostrata in pubblico fu nel 1921 alla Galleria Pesaro di Milano. Dalla morte dell’artista, avvenuta nel 1923, l’opera è stata custodita dalla famiglia Bezzi.
Nel 1896, Prati partecipò invece con Studio e lavoro alla Mostra d’Arte dei Fiori di Firenze, organizzata per il cinquantesimo anniversario della fondazione della Società di Belle Arti. Successivamente, il dipinto rimase in collezione privata.
Presentate nelle raffinate sale del primo piano di Casa degli Artisti accanto alle monografie maroniane che le immortalano, le due opere costituiscono le perle «più rare» all’interno di un percorso in cui se ne trovano una cinquantina di autori diversi, realizzate tra Ottocento e Novecento. Messe insieme, costituiscono un intuitivo rimando alla Cat di Maroni, a settant’anni dall’edizione del primo dei sessantatré volumi che la compongono.
«L’immagine di una collana di perle mette in risalto da subito l’insieme, la circolarità, la bellezza: qualcosa che ha valore - spiega la curatrice della mostra Roberta Bonazza -.Quella che proponiamo a Casa degli Artisti è una sequenza di perle raccolte dai fondali dell’arte, sempre mossi, misteriosi e vitali».
Rivano di nascita, ingegnere, cugino di quel Giancarlo Maroni artefice del Vittoriale degli Italiani, la «casa» di Gabriele D’Annunzio, «Riccardo Maroni fu uomo di fine sensibilità letteraria e artistica, che accanto all’attività professionale si impegnò in diversi progetti culturali», prosegue Bonazza. Tra questi c’è senz’altro la Cat, che dal 1951 lo tiene impegnato fino al 1980, anno di uscita dell’ultimo volume.
A questo punto c’è da chiedersi chi siano i personaggi ai quali Maroni ha intitolato una monografia. La collana si apre con il volume per l’amico incisore e pittore Carlo Cainelli, compagno di studi alla scuola Elisabettina di Rovereto, morto prematuramente a Firenze. Sono presenti altri ex-allievi della stessa scuola, pittori quali Odone Tomasi, Ernesto Giulio Armani, Fortunato Depero, Umberto Maganzini, Giovanni Tiella, il pittore e architetto Giorgio Wenter Marini, l’architetto
Luciano Baldessari. Protagonista della settima monografia, nel 1954, è invece una donna, la pittrice Regina Disertori; Maroni riporta in auge anche Fede Galizia, la «mirabile pittoressa» fino al 24 ottobre in mostra al Castello del Buonconsiglio di Trento.
Accanto a questi, spiccano i nomi più noti di Alessandro Vittoria, Marcello Fogolino, Martino Teofilo Polacco, Andrea Pozzo, Valentino Rovisi, Giambattista e Francesco Lampi, Andrea Briosco detto il Riccio, Francesco Verla, Giovanni Segantini, in un percorso che dal Rinascimento porta fino al Novecento.
«Figura di spessore culturale straordinario, Riccardo Maroni ebbe particolarmente a cuore la crescita e la promozione del lavoro degli artisti trentini, anche dei meno noti», conclude Bonazza.