«C’era qualche tensione ma non ho mai percepito un clima di terrore»
La testimonianza «L’unico episodio critico? Una cartella clinica lanciata contro una collega» Caso Pedri, parla un’ostetrica: «Tateo severo, pretendeva molto»
Segue la triste vicenda di Sara Pedri da lontano, perché da fine del 2019 non lavora più all’ospedale Santa Chiara. «Volevo avvicinarmi a casa, io non sono trentina e ho sempre sperato di poter tornare a lavorare nella mia città», spiega. «Ma in Trentino mi sono sempre trovata bene, non ho mai percepito un clima di terrore», aggiunge, ripensando al terremoto scoppiato nell’unità operativa ostetricia e ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento dopo la scomparsa della giovane dottoressa emiliana, sparita il 4 marzo scorso dopo aver inviato una lunga lettera di dimissioni all’azienda sanitaria.
«È una storia molto triste, ma io non ho mai avuto la percezione di un clima così pesante». A parlare è un’ostetrica che ha lavorato per alcuni anni al Santa Chiara e ora è riuscita a ottenere il trasferimento nell’ospedale della sua città. La sua è una voce fuori dal coro, racconta la sua esperienza, di un reparto che funzionava bene e che aveva numeri importanti. «I risultati un po’ contrastano con quello che sta emergendo, se in un reparto si lavora male è difficile riuscire a portare risultati d’eccellenza — spiega —, mi sono confrontata anche con alcune colleghe, ma non abbiamo mai avuto la sensazione che si lavorasse in un clima di terrore o pressione».
L’ostetrica parla di «qualche tensione», in particolare tra le ginecologhe. «Fa anche parte del lavoro». E il primario Tateo? Nella lunga email di dimissioni Sara Pedri chiama il suo capo «sovrano illuminato». «Il primario Tateo? Era severo, pretendeva molto», spiega.
La professionista non vuole smentire le testimonianze raccolte, ma si dice dispiaciuta e un po’ sorpresa. «Non conoscevo questa dottoressa, posso parlare solo della mia esperienza, sicuramente pretendevamo molto, ma ho sempre lavorato bene al Santa Chiara — continua — non so cosa sia successo in questo anno e mezzo, forse anche il Covid ha acutizzato le tensioni». L’ostetrica non vuole sbilanciarsi e ricorda un episodio — «al quale però non avevo assistito personalmente», precisa — in cui era volata una cartella clinica. «Mi dissero che una ginecologa aveva lanciato la cartella clinica contro una mia collega». Un episodio che secondo le testimonianze raccolte dalla commissione interna, ora al vaglio della Procura, non sarebbe stato isolato. Sei ginecologhe, che si sono rivolte agli avvocati Andrea de Bertolini e Andrea Manca, parlano di vessazioni. «Una situazione critica» che ha spinto l’azienda sanitaria a traferire il primario e la sua vice Liliana Mereu. Poi ci sono gli abbandoni: dal 2016 e al 2021 si sono dimessi 12 medici, 3 infermieri e 47 ostetriche. Molti professionisti erano di fuori provincia e si sono avvicinati a casa, ma i numeri delle dimissioni sono comunque importanti per una realtà piccola come il Trentino. Al microfono di Rai Tre un sanitario parla di un «clima fatto di intimidazioni e pressioni psicologiche che andava avanti da anni». «Sara — spiega — come molte altre persone è stata sottoposta a pressioni e aggressioni verbali». Il professionista parla della paura, «paura di essere presi di mira, perché di volta in volta ha più o meno toccato tutti». Un’altra testimonianza forte che sembra confermare i sospetti della famiglia di Sara Pedri. I familiari temono che la bella ginecologa si sia tolta la vita, esasperata dalle pressioni ricevute sul posto di lavoro. Una tesi su cui sta cercando di far luce sia la magistratura che l’azienda sanitaria. Ma c’è anche una commissione ministeriale che sta indagando sulla triste vicenda. Si attendono gli esiti degli approfondimenti.
Intanto gli investigatori della polizia giudiziaria, incaricati dalla pm Licia Scagliarini, stanno analizzando anche i tabulati e i messaggi contenuti nel telefono di Sara. In quei messaggi e nell’email di dimissioni potrebbe esserci la chiave del dramma.