Gambero di fiume, esistenza minacciata dalle specie aliene e dal bracconaggio
Ci sono animali che si guadagnano le attenzioni della popolazione e dei media, e che di conseguenza, ottengono anche risorse per progetti legati alla conservazione della specie. Altri invece, forse dall’aspetto meno «acchiappa like», combattono per la sopravvivenza. Maria Cristina Bruno, dottoressa del centro ricerche e innovazione della Fondazione Mach, ci parla del gambero di fiume, o austropotamobius pallipes, la cui popolazione è calata del 50% a livello europeo negli ultimi dieci anni.
Il gambero di fiume è presente da sempre in Trentino Alto Adige?
«Abbiamo rintracciato la testimonianza di vendita al mercato del gambero già nel 1310, a Lana. Ma anche nelle cene del medio evo era un alimento molto diffuso. È presente anche in un dipinto del ‘500 di Baschenis, un affresco della chiesa di Santo Stefano a Carisolo».
Si dice che l’inquinamento dei corsi d’acqua sia la causa principale della forte riduzione del gambero nelle nostre acque. È vero?
«Io non faccio analisi chimiche, ma lo stato di salute dei corsi d’acqua trentini è abbastanza buono, meglio che in altre parti d’Italia. Dobbiamo poi considerare che il pallipes vive prevalentemente nei ruscelli, nei canali, nei laghetti, non nei grandi fiumi. L’inquinamento comunque è una delle cause, insieme alla modificazione dell’habitat, al bracconaggio e all’introduzione di specie aliene. Dai nostri rilevamenti il pallipes era presente nel 20% dei corsi d’acqua che avevamo selezionato come adatti. Pur considerando che alcuni torrenti non si sono davvero rivelati tali, la diffusione non arriva al 50% delle potenzialità».
Il gambero è tutelato da strumenti normativi?
«È una specie minacciata, presente nella lista rossa dell’unione mondiale per la conservazione della natura. L’Unione europea già nel ‘92 indicava la necessità di promuovere zone di conservazione. In Trentino il gambero entra nelle specie protette con la legge 11 del 2007. È assimilato a un pesce e se ne vieta la pesca per tre mesi, dal 1 aprile al 30 giugno. Il prelievo comunque è consentito solo per esemplari superiori ai 7 centimetri. Ma il problema non credo sia la pesca, quanto il bracconaggio. Siamo venuti a conoscenza di prelievi di intere popolazioni. Consideriamo che il pallipes ha un ciclo di maturazione di tre anni e depone le uova solo una volta, in autunno».
Quali sono le sue caratteristiche principali?
«È di colore bruno olivastro, può arrivare fino a 12 centimetri, ha chele sviluppate soprattutto nel maschio e possono ricrescere: capita che se le strappino nei combattimenti. Le uova si schiudono a fine primavera, i gamberetti rimangono con la madre per una settimana, si nascondono sotto il suo ventre. Mangiano prevalentemente carne, da adulti anche vegetali. Sono fotofobi, preferiscono il substrato roccioso, presenza di vegetazione, di modo che sia ombreggiato. Non amano temperature elevate, l’acqua tra 15 e 25 gradi, non troppo mossa. Per questo in Trentino li troviamo da 65 metri fino a 1800. I loro predatori sono uccelli, tra i pesci il luccio. Al Fontanazzo sono stati predati da dei visoni americani, che però sono specie aliene».
Il consumo alimentare al giorno d’oggi non è particolarmente consigliato.
«Sono sensibili ai pesticidi, perché sono affini agli insetti, e tendono ad accumulare i metalli pesanti. Nelle zone agricole sono dei catalizzatori di sostanze tossiche».
La modificazione dei corsi d’acqua quanto Può incidere sulla conservazione del pallipes?
«Molto. La rettificazione e cementificazione dei canali accresce la velocità dell’acqua, ne abbassa la temperatura, priva il gambero di quelle nicchie ombreggiate che sono il suo habitat. Proprio a San Michele, con gli studenti, stiamo recuperando un piccolo tratto di argine in modalità compatibili con la vita del gambero. I prelievi idrici e le precipitazioni torrenziali alternate a periodi di siccità sono un altro problema, perché il pallipes non può vivere senza acqua».
Le specie aliene invece si adattano meglio.
«Di gran lunga. Sono arrivate in Europa, in Italia e in Trentino dagli Stati Uniti per scopo alimentare. Noi purtroppo ne abbiamo due: il limosus e il gambero killer della Louisiana. Quest’ultimo, dal colore rosso, grande fino a 20 centimetri, si riproduce anche due volte l’anno e ogni volta produce sei volte la quantità di uova del pallipes. Le femmine possono produrre le uova anche senza il maschio. È aggressivo, resistente alla peste del gambero, riesce a vivere anche fuori dall’acqua. In Trentino è presente a Levico, Caldonazzo, Canzolino e Madrano. Ma lo abbiamo trovato anche nell’Albola e a Lagolo, in Alto Adige a Caldaro e nella fossa di Egna. È molto difficile da eradicare, i nostri ultimi rilevamenti a Lagolo hanno rilevato quantità in forte aumento».
Cosa si può fare?
«Si va con le nasse, i gamberi vengono raccolti e uccisi, ma la lotta è impari. I pescatori ci hanno aiutato, purtroppo i guardia pesca sono pochi, le risorse sono limitate».
È possibile reintrodurre il pallipes in ambiente?
«Sì, in Italia l’allevamento si fa, ma il ciclo di maturazione è lungo e comunque bisogna considerare che è importante tutelare la diversità genetica. Per esempio in Trentino c’è grossa differenza tra le popolazioni presenti sulla sinistra o sulla destra dell’Adige».