Piermario Dorigatti «Dipingere è un immenso atto d’amore. Racconto la memoria del vissuto»
L’artista trentino ha firmato per il Corriere la copertina della Lettura dedicata alla Giornata della Memoria Il suo 2024 è iniziato lavorando a nuove mostre personali «Il sogno? Esporre al Louvre e al Metropolitan»
Da un giallo intenso affiorano segni e figure simboliche. A un tes c hi o fa da contrappunto una fenice, icona di rinascita, ma il protagonista assoluto è lo scheletro che emerge da una cornice nera. «Volevo rendere l’idea dell’abisso», spiega Piermario Dorigatti, trentino, autore dell’opera sulla copertina numero 634 di la Lettura, il settimanale culturale del Corriere della Sera, nella settimana della Giornata della Memoria. La creazione dell’artista trentino è un esplicito rimando alla Shoah e in generale agli orrori della storia, del passato e del presente. Non a caso i l di pi nto del l a coperti na d’artista s ’intitola Aus der Hölle, ovvero Via dall’inferno, è stato realizzato da Dorigatti nel 2022, subito dopo l’invasione russa all’Ucraina.
Definito« genuino pittorepittore» perché rimasto sempre in un continuo dialogo con il mezzo pittorico, trattando il quotidiano e il vissuto, l’uomo e il corpo, Piermario Dorigatti è nato a Trento nel 1954. Nel 1977 è tra i fondatori, insieme allo scultore Mauro De Carli, del circolo fotografico La Finestra di Trento. Nel 1982 tiene la sua prima mostra personale al Palazzo Pretorio a Trento, da qui l’avvio della sua attività espositiva di personali e collettive in Italia e all’estero.
Nel 1989 si trasferisce a Milano (dove oggi vive e lavora), frequenta e si diploma all’Accademia di Belle Arti di Brera, diventando nel 1998 docente di tecniche pittoriche, incisione e grafica d’arte.
Dorigatti, cosa le è rimas to e c o s a l e man c a d e l Trentino?
«Direi senz’altro la luce».
Quella luce che ritroviamo traslata nei suoi dipinti, che sono cromaticamente molto efficaci.
«Io utilizzo principalmente i colori primari, la mia tavolozza è abbastanza povera. Uso molto il giallo, un colore difficile da trattare, perché facilmente può slittare nel bianco o scivolare nell’aranciato. Ho imparato ad amare questo colore quando a Brera studiavo l’arte di Gaetano Previati».
Quali sono l e te c ni c he che utilizza nella realizzazione dei suoi lavori?
«Sono sempre rimasto fedele alla tecnica dell’olio su tela, perché ti dà la possibilità di aspettare. È una tecnica che richiede tempi più lunghi d’esecuzione rispetto ad altre, dandomi modo di riflettere su ciò che sto facendo, di poter ritornare sull’opera in momenti diversi. Io torno spesso sui miei quadri, intervengo con diverse stratificazioni di colore, anche a distanza di tempo: gioco con la materia. D’altronde tutta la pittura è un gioco».
Il su ostile viene consideratone o espressionista, con le figure che rimandano alle inquietudini dell’uomo contemporaneo. Come sceglie i soggetti che poi rappresenta?
«Mi interessala figura umana nelle sue declinazioni e degradazioni. La figura umana in conflitto e la memoria del loro vissuto».
Ha dei riferimenti figurativi e che tipo di arte le piace?
«La mia prima formazione di studi è stata a Trento: inevitabile quindi l’influenza dell’ espressionismo tedesco. E poi il Gruppo Cobra. Ma nei miei quadri cerco di imprimere anche una vena di surrealismo. Mi piace l’arte di Georg Baselitz, Arshile GorkyeW il le md eKooning».
Non ha mai ceduto alla tentazione dell’ Arte del Concettuale e dell’Astrazione?
«Pur apprezzando quest’arte, è al di fuori della mia logica di pensiero».
Il suo rapporto con le nuove tecnologie? Cosa ne pensa della Digital Art?
«L’arte è ideazione, l’arte è il prodotto finale e nella Digital Art cambia solo il mezzo. Se avessi vent’anni forse farei arte digitale».
Cosa pensa del mercato dell’arte?
«Ne sono completamente fuori, forse anche per il mio carattere schivo. Faccio mostre perché mi piace cercare e stabilire il rapporto tra la mia arte e le persone».
Il suo 2023 ha visto due mostre personali in gallerie milanesi e la partecipazione a Trento alla grande collettiva «Sciamani» (fino al 30 giugno 2024, progetto di Muse, Mart e Mets). I progetti futuri?
«Ad aprile sarò ancora a Trento con un progetto per lo studio di architettura Beltrami. Sto anche lavorando a una collettiva che si terrà in marzo al Passante ferroviario a Milano. E sempre a Milano in settembre farò una personale negli spazi dell’Art Studio Finestreria. Altri progetti si aggiungeranno».
C’è qualcosa che ancora non ha fatto e che vorrebbe fare?
«Sogno di poter esporre al Museo del Louvre di Parigi. Ma mi andrebbe bene anche il Quirinale e accetterei volentieri il Metropolitan Museum di New York. Restando sulla terra, la cosa importante è potere mostrare il mio lavoro, indipendentemente dal luogo».
Cosa significa essere «pittore irrimediabilmente pittore», ricordando il titolo di una sua mostra a Palazzo Libera a Villa Lagarina?
«Per me fare il pittore è come mettersi una tonaca o una divisa: sento che lo devo assolutamente fare. È una fede per me dipingere, è un immenso atto d’amore».
❞ Con la mia opera sulla Shoah volevo rendere l’idea dell’abisso: uno scheletro, un teschio e una fenice simbolo di rinascita