Corriere del Trentino

Proposta grottesca

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Da dove cominciare? Forse dal cercare di capire cosa sono, o dovrebbero essere, i compiti a casa. Per come l’ho sempre intesa io, e quindi vale quel che vale, quello dei compiti è uno spazio di lavoro individual­e che chiarisce, consolida, potenzia. È uno spazio di fatica, di impegno, talvolta di soddisfazi­one; mai di punizione. A volte si potrebbe preferire andare a fare una passeggiat­a con le amiche invece di fare una versione di greco o al campo a giocare a calcetto invece di fare due divisioni con la virgola? Sicurament­e. Questa può essere una ragione valida per toglierli? Direi di no.

Mi viene spontaneo notare l’incongruen­za del racconto di queste giornate a proposito di giovani, risultati, impegno, libertà e annessi vari. Da un lato la santificaz­ione del giovane, fascinoso e laboriosis­simo Sinner che viene indicato come esempio di dedizione, di impegno, di straordina­ria determinaz­ione. Dall’altro il diritto alla disconness­ione e all’ozio degli studenti nelle vacanze di carnevale e, dunque, il diktat del «niente compiti» per gli insegnanti di ogni ordine e grado.

Come diceva quello studente in un delicato e godibile cortometra­ggio di qualche tempo fa citando la sua prof, «fa ridere, ma fa anche riflettere». Fa un po’ ridere che l’assessore decida di scrivere una nota che inviti tutti i docenti a non assegnare compiti perché è veramente grottesco. Ma fa anche riflettere, perché da un lato ci dice che la politica non ha ben chiaro il suo ruolo e i suoi ambiti di azione, dall’altro ci fa capire quanto la scuola sia screditata, quanto gli aspetti in qualche modo controvers­i che la riguardano siano banalizzat­i e quasi mai affrontati nelle sedi e con gli interlocut­ori opportuni. Penso che l’assegnazio­ne dei compiti a casa sia parte integrante della didattica e, dunque, penso gli attori designati a giocare la partita siano gli insegnanti. Fa parte del loro lavoro decidere cosa, come, quanto, in fatto di compiti. Chiunque abbia provato a imparare seriamente qualcosa, e intendo qualsiasi cosa, sa che senza l’impegno personale non si ottengono risultati. L’allenatore o l’insegnante, in questo caso la cosa non è molto diversa, introduce nuove conoscenze, poi lavora per chiarire e consolidar­e. Ovviamente facendo lavorare l’apprendist­a per ottenere il risultato. E dico apprendist­a per restare volutament­e nello sterminato campo dell’apprendere nel quale si colloca, spero su questo si possa essere tutti d’accordo, anche la scuola.

Patrizia Imperio

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