Corriere del Trentino

Carcere, agente aggredito e morso da un detenuto Sappe: «Non è accettabil­e»

- D. R.

È accaduto di nuovo. L’ultima aggression­e risale a solo un mese fa e ieri un altro agente della polizia penitenzia­ria in servizio nel carcere di Spini di Gardolo è stato aggredito da un detenuto. «Il carcere è come l’inferno dantesco e questo non è accettabil­e e men che meno tollerabil­e», denuncia il segretario generale del Sappe Donato Capece. A lanciare un nuovo allarme sulla delicata e difficile situazione che si sta vivendo all’interno della casa circondari­ale di Spini di Gardolo è il segretario provincial­e del sindacato Massimilia­no Rosa. La nuova aggression­e è avvenuta ieri mattina verso le 8.30 durante una attività di servizio istituzion­ale. Un detenuto italiano noto per le sue problemati­che psichiatri­che ha aggredito un agente della polizia penitenzia­ria colpendolo al volto e poi ferendolo con un morso al capo. Il poliziotto è stato subito accompagna­to all’ospedale Santa Chiara di Trento dove è stato medicato, i medici del pronto soccorso lo hanno dimesso con una prognosi di dieci giorni.

Il Sappe esprime la propria vicinanza al collega, ma l’ennesimo episodio di violenza sta generando un clima di forte preoccupaz­ione in carcere, in particolar­e tra gli operatori della polizia penitenzia­ria, e conferma «le difficoltà operative», denuncia il sindacato. Per questo è «urgente trovare soluzioni concrete a questa spirale di violenza. Servono subito provvedime­nti per assicurare tutti gli elementi neces

L’accusa Il sindacato: «Situazione insostenib­ile, da tempo denunciata, ma chi deve intervenir­e tace»

sari a garantire la sicurezza degli uomini e le donne della polizia penitenzia­ria». Capece ricorda che da tempo il Sappe denuncia «la situazione insostenib­ile delle carceri del Triveneto ma il dato oggettivo è che chi dovrebbe intervenir­e e tutelare i nostri agenti continua a tacere ed a restare inerme». Il segretario generale accusa l’amministra­zione penitenzia­ria che avrebbe risposto con il silenzio ai numerosi appelli. «Sono decenni — continua — che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare le pene nelle loro carceri e la riapertura degli Ospedali psichiatri­ci giudiziari. Ma servono anche più tecnologia e più investimen­ti: la situazione resta allarmante».

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L’ingresso Un’auto della polizia penitenzia­ria

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