Il nuovo Dorian Gray Specchio dei tempi
Prima assoluta sabato 16 e domenica 17 per l’opera della Fondazione Haydn Liberamente ispirata al testo di Wilde, direzione musicale di Rossen Gergov Il compositore Franceschini: «Storia di un’ossessione per l’immagine e l’idea di onnipotenza. Tema contem
Dorian Gray, il celebre romanzo di Oscar Wilde diventa un opera lirica corale. Sabato 16 marzo (ore 20) e domenica 17 (alle 17) l a nuova c re a z i o ne del compositore trentino Matteo Franceschini, ispirata al classico della letteratura, andrà in scena in prima assoluta al Teatro Comunale di Bolzano e concluderà la stagione operistica della Fondazione Haydn.
L’opera è una produzione della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, libretto e regia sono di Stefano Simone Pintor, la direzione musicale sarà affidata a Rossen Gergov.
Matteo Franceschini, compositore già premiato con il Leone d’argento alla Biennale Musica di Venezia nel 2019, è artista associato della Fondazione Haydn e vanta collaborazioni con prestigiose istituzioni musicali, anche a Parigi dove vive e in Europa.
Matteo Franceschini, come avete deciso di confrontarvi c o n q u e s to g r a n d e classico?
«Io e Stefano Simone Pintor lavoriamo insieme da due anni a quest’opera complessa. Non volevamo mettere in scena pedissequamente il romanzo Dorian Gray, senza riuscire ad esprimere la genialità di Wilde. Piuttosto, abbiamo voluto dare una nostra lettura di alcuni temi contenuti nel romanzo che lo avvicinano drammaticamente alla contemporaneità».
Quali per esempio?
«L’ossessione per una vita condotta sempre al massimo delle possibilità, senza limiti, la centralità del ruolo del tempo, l’ossessione per l’immagine e l’idea di onnipotenza, di avere un controllo sugli altri, una forma di manipolazione. Sono tutti elementi che nel bene e nel male ritroviamo nel l a società contemporanea».
Chi è Dorian Gray e qual è il suo ruolo?
«Dorian Gray è il detonatore che porta le altre persone ad uscire da sé fino a compiere atti delittuosi, che fa esplodere le tendenze al peccato di ognuno. Dorian è sempre lo specchio degli altri, una sorta di alter ego, è evanescente quasi come un profumo o un’ essenza, gli altri sei personaggi, che compaiono nel romanzo sono altrettanto centrali o forse i veri protagonisti nella nostra opera. Raccontano ognuno gli episodi della storia descritti nel romanzo come li vivono loro. E permettono al pubblico di capire, di rivivere le stesse situazioni attraverso gli occhi di questi sette personaggi, contando anche Dorian».
Il romanzo indaga anche il ruolo dell’arte, qual è la sua posizione di artista?
«C’è una frase bellissima di Oscar Wilde in cui dice che è lo spettatore o il lettore, non la vita, che l’arte rispecchia. La percezione di chi la fruisce è intrinseca all’opera. Il rapporto con il pubblico è per me fondamentale, non per dire quello che il pubblico vuole, anzi probabilmente è il contrario. Penso che un artista abbia il dovere di respirare il più possibile la nostra contemporaneità, di non isolarsi e di cercare di parlare ad un pubblico che si evolve e cambia ogni giorno».
Il suo rapporto con il teatro musicale?
«È un genere che mi attrae per due motivi. Intanto mi dà la possibilità di confrontarmi con professionalità diverse e di lavorare a fianco di altri creativi, che per me è molto stimolante. Il secondo aspetto è che ho sempre visto la creazione musicale più in termini di spettacolo che di mera esecuzione di un brano, come accade in un concerto, dove il rapporto con il pubblico è invariato da 150 anni».
Tovel, è il nome d’arte con cui lei si esibisce sul palco, oltre a comporre.
«Sì, Tovel, che ho preso dal nome del lago leggendario della mia infanzia in Trentino, mi permette di vivere la mia spinta a confrontarmi con il pubblico e di sdoganare questa parte della mia creatività. È il mio personale alter ego, che uso non per mascherare la mia identità, ma per esprimermi più liberamente nella mia ricerca».