Corriere del Trentino

Palermo: «Sui temi strategici non c’è voglia di collaborar­e» Il costituzio­nalista: poca attenzione alla Regione, ma coordinars­i è fondamenta­le

- Marco Angelucci

Francesco Palermo la BOLZANO politica non solo la insegna ma ha anche lo sguardo disincanta­to di chi l’ha vissuta in prima persona. Cinque anni in Senato come primo italiano eletto dall’alleanza Svp-centrosini­stra. Poi il ritorno all’università dove insegna diritto pubblico comparato. Il suo giudizio sul pasticcio che ha portato alla nascita della giunta regionale è impietoso: «Non c’è la volontà di collaborar­e: il pragmatism­o di cui tanto si parla scompare ogni volta che si parla di Regione».

Per la prima volta dai tempi di Dellai e Durnwalder viene meno la presenza di entrambi i governator­i in giunta regionale. Non è un’ulteriore picconata?

«La picconata era già stata data prima: con l’archietttu­ra voluta da Durnwalder e Della si è voluto rimarcare che la Regione è solo una proiezione delle due province. La soluzione della staffetta tra i due presidenti è un accordo politico che non modifica nulla. Di fatto è cambiata solo la vicepresid­enza, l’impalcatur­a dello Statuto rimane. Ci si è inventati questa soluzione per le quote rosa, non direi che c’è un indebolime­nto».

Ma non rischia di venire meno una preziosa occasione di confronto tra i due presidenti? Se non si vedono in giunta non c’è rischio che smettano di parlarsi?

«Sicurament­e i due presidenti non hanno bisogno della giunta regionale per parlarsi. La Regione ha anche una sua utilità politica nel senso che può essere usata per puntellare gli accordi provincial­i. Ci sono dei posti da assegnare, un budget. Ma la domanda vera è un’altra. Cosa si può fare per cooperare in maniera più efficace. Ma soprattutt­o, si vuole cooperare?»

L’impression­e è che non si voglia cooperare. O no?

«Ci definiamo post ideologici ma per molti versi siamo ancora negli anni ‘60, ai tempi del los von Trient. É possibile che la Regione non sia il luogo giusto per cooperare ma l’alternativ­a non può essere quella di non fare nulla».

La riforma dello Statuto può cambiare qualcosa?

«Mi rendo conto che è facile criticare da fuori ma non si affrontano i nodi veri, è una riforma che non serve a un tubo e che non tocca niente della Regione».

Da parte dell’Svp c’è un disinteres­se totale. Alto Adige Innovazion­e ha scoperto che le dichiarazi­oni programmat­i c h e d i Kompatsc h e r uguali a quelle di 5 anni fa...

«I casi sono due: o è un testo raffazzona­to perchè non c ’è interesse oppure è uno schiaffo fatto apposta. Non so cosa sia peggio».

Per non limitarsi alla critica. Come immagina la collaboraz­ione tra le Province?

«Si può lasciare la scatola ma il punto è come arrivare ad cooperazio­ne maggiore per co o rdi nare l e pol i t i c he su questioni strategich­e come la sanità, i trasporti, la ricerca. Temi su cui nessuno dei due ha la massa critica per fare da solo. Quindi bisogna rendere struttural­i forme di collaboraz­ione come si sta facendo con

Euregio. Solo che l’Euregio non può essere la soluzione, è troppo sbilanciat­a sul piano etnico e simbolico».

Tipo incontri periodici tra due giunte?

«Sarebbe meglio formalizza­re la collaboraz­ione a sul piano giuridico ma potrebbe bastare anche un accordo politico. Andrebbe previsto una sorta di comitato di coalizione interprovi­nciale dove coordinare le politiche. Ad esempio decidere quali reparti specializz­are negli ospedali. O dove investire nella ricerca. Non grandi principi ma un impegno a coordinars­i su cose che siamo troppo piccoli per affrontare da soli. Poi ognuno può andare per la sua strada ma bisogna almeno provare a fare i n s i e me. S i p r e d i c a il pragmatism­o ma purtroppo in questo caso si fa l’opposto: uno fa la scuola di medicina con Verona e l’altro con Salisburgo e la Cattolica».

Questa giunta che nasce all’insegna dei franchi tiratori può cambiare qualcosa? O una maggioranz­a così traballant­e rischia di cascare da un momento all’altro?

«Ci stiamo italianizz­ando, mi viene da dire Südtirol ist

doch Italien (l’Alto Adige è Italia). Ma ancora una volta è la Regione che potrebbe salvare la baracca. Il fatto che non si possa andare ad elezioni nella seconda parte di legislatur­a se entrambe le province non sono d’accordo è una garanzia di stabilità. Un’ancora di sicurezza: ti devi tenere quello che c’è non si può sciogliere il consenso dell’altro».

Le due Province sono troppo piccole per affrontare da sole questioni complesse come la sanità, i trasporti o la ricerca Bisogna coordinars­i di più

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