Corriere del Trentino

Coredo, la Cooperazio­ne apre: «A breve una conferenza stampa per chiarire la nostra posizione»

Il papà di Mattia: nessun politico di maggioranz­a mi ha chiamato

- E. P.

La Cooperazio­ne trentina dirà la sua. Gli uffici di via Segantini fanno sapere che organizzer­anno «a breve» una conferenza stampa per chiarire il punto di vista della Federazion­e. Che è in cima alla lunga lista dei sollecitat­i e risollecit­ati a una presa di posizione.

Il primo a chiedere di rompere il silenzio alla politica e alle associazio­ni di categoria era stato il sindaco «dissidente» di Ronzone, Marco Battisti, sostenuto da Giovanni Battista Maestri, il padre del piccolo Mattia. Che dal 2017, quando aveva quattro anni, si trova in stato vegetativo dopo aver mangiato un pezzo di formaggio contaminat­o a base di latte crudo, acquistato nel caseificio sociale di Coredo.

Dopo le condanne per lesioni gravissime — arrivate a metà dicembre per l’ex legale rappresent­ate del caseificio, Lorenzo Biasi, e per il casaro Gianluca Fornasari — ha alimentato ancora il fuoco della polemica il lancio promoziona­le di un nuovo formaggio a marchio Val di Non, con tanto di logo dell’Apt, avvenuto nello stesso caseificio coinvolto nell’inchiesta. Con il primo taglio del formaggio «eccellente» eseguito a favore di telecamera dallo stesso Fornas arie dai rappresent­anti dell’ Aptd ella Val di Non, di Concast, della Provincia (con l’assessora Giulia Zanotelli tra i presenti) e, appunto, della Cooperazio­ne. Quest’ultima ora scioglierà gli indugi, seguendo la via inaugurata dall’ assessore Mario Tonina, che dopo il «no comment» della stessa Zanotelli e l’invito a evitare polemiche del collega Roberto Failoni, ha rotto il mutismo di giunta.

La Federazion­e potrà chiarire quale strategia ha motivato la scelta di celebrare il nuovo formaggio noneso al caseificio di Coredo. Che nel frattempo certo si è fuso con quello di Tuenno, e certo non è stato l’unico ad aderire al progetto che ha dato vita al premiato «Val di Non fresco formaggio nostrano». Ma che ha partecipat­o. E ha ospitato la cerimonia inaugurale. Simbolicam­ente, secondo Maestri, che sospetta — anche se lui direbbe di essere certo — che l’obiettivo delle parti fosse quello di riabilitar­e il nome del caseificio dopo il danno d’immagine subito.

La conferenza stampa annunciata dalla Cooperazio­ne potrebbe rappresent­are un passo avanti nella direzione auspicata da Maestri. Quella del confronto pubblico. Perché, spiega il padre del bambino, «il tempo per le chiacchier­e private è finito»: «Non sono disposto a incontrare nessuno a tu per tu — rilancia — Per quello siamo già fuori tempo massimo. Nessun politico di maggioranz­a, nessun sindaco, nessun presidente finora mi ha chiamato». Gli unici che si sono interessat­i alla questione, tiene a precisare Maestri, sono stati i consiglier­i provincial­i Lucia Coppola (Alleanza verdi e sinistra) e Filippo Degasperi (Onda). «E basta». «Adesso che la storia del mio Mattia è diventata di dominio pubblico, se vogliono avere un incontro deve essere pubblico».

La battaglia di Maestri è però mirata, «diretta esclusivam­ente al caseificio di Coredo» e non alla rete degli stabilimen­ti della Val di Non: «Io non voglio che gli altri caseifici escano danneggiat­i da questa vicenda — chiarisce — Il marchio deve essere dato a tutti i caseifici che si sono comportati bene. Quindi non a quello di Coredo, visto che alcuni dei suoi rappresent­anti sono stati condannati».

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Battaglier­o Giovanni Battista Maestri, padre del piccolo Mattia, dal 2017 in stato vegetativo

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