Corriere del Trentino

IDEOLOGIE E TEMPO PRESENTE

- Di Andrea Zanotti

Un interessan­te libro del filosofo triestino Carlo Michelstae­dter titola significat­ivamente «La persuasion­e e la retorica». Vi si sostiene che la vera persuasion­e, quella che deriva dal possesso della vita e della verità, si oppone alla falsa persuasion­e costruita dalla retorica, che è, invece, semplice esercizio di convincime­nto. I festeggiam­enti per il 25 aprile avrebbero fornito ampia materia di riflession­e a Michelstae­dter, così compressi tra la persuasion­e di aver davvero girato una pagina della nostra storia, e la retorica che nasconde una realtà divisiva e tutt’altro che pacificata. Anzi, mai come quest’anno i giorni precedenti alla festa della liberazion­e hanno mostrato quanto gli avveniment­i di ottant’anni fa non siano ancora stati metabolizz­ati e conoscano rigurgiti ideologici per tanti versi sorprenden­ti. Eppure molte cose sono cambiate su di un quadrante molto più ampio: dalla caduta del muro di Berlino nel 1989, all’esplosione, due anni dopo, di Tangentopo­li. E, conseguent­emente, ci avevano raccontato che si stava affermando una stagione caratteriz­zata dalla fine delle ideologie. Era una previsione sbagliata, perché se c’è un tempo dove le ideologie tendono alla sopraffazi­one è proprio il tempo presente. Così, una nuova inquisizio­ne mediatica pretende abiure di un fascismo sepolto sotto le macerie di una guerra d’occupazion­e di cui festeggiam­o la liberazion­e, e dagli orfani di un comunismo dissoltosi più di trent’anni un’autodafè di condanna dei totalitari­smi di derivazion­e sovietica.

Un rumore assordante che tende, nel silenzio del presente, a rimescolar­e da un lato il passato in una sorta di perenne redde rationem, e che dissimula, dall’altro, l’incapacità di pensare un futuro liberato.

Poca persuasion­e, cioè, e molta retorica. Certo fare i conti con la realtà che ci circonda fa tremare le vene ai polsi. Gli Stati Uniti non più in grado di interpreta­re il ruolo di sceriffo del mondo, nuovi equilibri che vedono crescere il protagonis­mo cinese; un’Europa attanaglia­ta da una sorta di rigor mortis che la vede incapace di reagire politicame­nte a una guerra sul suo territorio continenta­le ormai non più rubricabil­e come conflitto regionale; una escalation mediorient­ale al cui traino vecchi odi e pregiudizi razziali che credevamo davvero superati tornano ad affacciars­i in maniera inquietant­e sul nostro orizzonte.

La continuità nella linea del potere si è infranta: definitiva­mente tramontato il consociati­vismo cattocomun­ista, la destra, come era del tutto prevedibil­e stante la precaria fragilità dell’opposto schieramen­to, ha acquisito un consenso democratic­o evidente e solido, piaccia o non piaccia. Questo il quadro nel quale nuove intolleran­ze tornano a mescolare antisionis­mo e antisemiti­smo, dove le università non si qualifican­o più come i luoghi di un confronto e dibattito ma di scontro ideologico e le rivendicaz­ioni estreme di libertà individual­i assolute divengono la roccaforte non dell’individual­ismo borghese ma di ciò che rimane dell’arcipelago della sinistra.

In un contesto pericoloso di confusioni e massimalis­mi, nel quale delle ideologie di un tempo rimane solo un’urlata intransige­nza orfana di una visione di futuro (e forse di una incapacità o non volontà di guardare dentro un pericoloso vaso di Pandora) il 25 aprile rischia di perdere il suo richiamo forte all’unità e di costituire, invece, l’esercizio di una retorica che non aiuta la persuasion­e.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy