Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Discarica abusiva nel parco del Brenta
Trovate 60 tonnellate di rifiuti : sono stati abbandonati da un’azienda in difficoltà
Tre discariche abusive in poco più di un mese: le ha scoperte la Guardia di Finanza che ha battuto a tappeto l’Alta Padovana. Dopo Albignasego e Gazzo Padovano, ieri è stata scoperta a Grantorto una maxi-discarica con 60 tonnellate di rifiuti potenzialmente pericolosi. I rifiuti, trovati in un terreno privato nel perimetro del parco naturale del Brenta, sono il prodotto di una crisi aziendale. I titolari si sarebbero sbarazzati anche di mezzi pesanti per non pagare lo smaltimento.
Dopo Albignasego c’è stato Gazzo Padovano e dopo Gazzo arriva ora Grantorto: continua la lunga serie di discariche abusive sequestrate dalla Guardia di Finanza che sta seguendo in particolar modo nell’Alta padovana il fenomeno dei rottami e materiali di scarto abbandonati nelle aree lungo il Brenta.
Ieri, su disposizione della Procura di Padova, la compagnia della Guardia di Finanza di Cittadella ha messo i sigilli al terreno di proprietà dell’ingegner Antonio Finesso, imprenditore edile padovano che è stato sanzionato e denunciato per aver abbandonato a Grantorto, in un’oasi protetta lungo il Brenta, 60 tonnellate di scarti: pezzi di tetto in amianto, copertoni, vecchi mezzi per il movimento terra e scavo, batterie, fusti di bitume e residui di olio che appartengono alla società in liquidazione dello stesso Finesso. Il terreno in cui tutto il materiale è stato abbandonato appartiene allo stesso imprenditore, che ai rilievi dei finanzieri ha risposto che era in attesa degli esiti di alcuni preventivi di ditte specializzate nello smaltimento del materiale. Chiaramente l’imprenditore non ha rispettato i tempi per smaltire mezzi e rifiuti che non possono essere lasciati sul terreno a lungo, perché il rischio è che il percolato impregnato di residui metallici finisca falde acquifere o direttamente nel vicino Brenta. Tra i rifiuti è stato salvato anche un manufatto di marmo che portava l’incisione 1779 in numeri romani, ritrovato all’interno di un fabbricato fatiscente e sul quale ora sono in corso accertamenti. Ora spetta al Comune bonificare la zona rivalendosi poi sul denunciato. «Va detto che l’amministrazione può controllare solo le aree pubbliche e che quella sequestrata invece appartiene a un privato che, come spesso accade, recinta la proprietà in modo tale che nessuno possa vedere cosa c’è dentro – spiega il sindaco di Grantorto Luciano Gavin – abbiamo dato piena disponibilità alla Guardia di Finanza per intervenire quanto prima, proprio come avevamo fatto anni fa quando abbiamo smaltito i rifiuti della Levio Loris, finita nella bufera giudiziaria, sarebbe opportuna una maggiore attenzione di chi fa impresa al territorio e all’ambiente».
«Le leggi ci sono e vanno rispettate – dice Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto – purtroppo gli imprenditori sono poco sensibili a questo tema, perché liberarsi di scarti o macchinari obsoleti è sempre un costo, ora le norme sono cambiate, chi non smaltisce rispettando l’ambiente paga e il caso di Grantorto non farà eccezione». Nei prossimi giorni gli uomini del capitano Giuseppe Taverna, che comanda la compagnia di Cittadella, continueranno a pattugliare il territorio a caccia di altri siti inquinati grazie anche al coordinamento del sostituto procuratore Benedetto Roberti che ha dimostrato una particolare sensibilità in tema di difesa dell’ambiente. Sua era stata anche l’indagine sulla discarica abusiva trovata sempre dalla Finanza a Gazzo padovano, dove erano stati trovati, anche in quel caso, rottami e scarti di materiale edile e agricolo abbandonati in un fondo agricolo di circa cinquemila metri quadri dove imprenditori della zona sversavano senza alcuna remora amianto, apparecchiature elettriche, imballaggi in plastica e altro materiale potenzialmente tossico e deteriorabile, oltre che vecchi mezzi agricoli in disuso. Era il 30 settembre. Qualche settimana prima i carabinieri del Noe avevano sequestrato un deposito fuori legge ad Albignasego, dove gettavano rifiuti tossici anche ditte indagate dall’Antimafia. I reati ambientali restano sempre i più difficili da perseguire e gli smaltimenti illegali, soprattutto negli anni di crisi, sono stati tanti.