Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

L’azienda Mose e il maxi-affitto alla Sartori Thetis pagava 2500 euro al mese all’ex eurodeputa­ta. Mazzi nega tutto: patteggiai solo per uscire dal carcere

- Alberto Zorzi

L’inchiesta «madre» l’aveva solo sfiorata, con un elemento quasi più «di colore»: l’assunzione di Flavia Cucciolett­a, figlia di Patrizio, allora presidente del Magistrato alle Acque, che comunque secondo i pm veneziani era stato uno dei modi per ricompensa­rlo del suo appoggio. Ora però anche Thetis, società di ingegneria e progettazi­one posseduta per il 51 per cento dal Consorzio Venezia Nuova (e un altro 30 per cento da imprese ad esso collegate), è finita nel mirino della Guardia di Finanza, che lo scorso anno ha effettuato una verifica fiscale e che ora sta contestand­o alcune fatture e spese ritenute «incongruen­ti» con l’attività, ovviamente riferite alla gestione degli anni in cui era guidata dall’ingegner Maria Teresa Brotto e al Cvn c’era Giovanni Mazzacurat­i. E in particolar­e tra le spese contestate ci sono quei 2500 euro al mese che Thetis ha pagato all’ex europarlam­entare Amalia Sartori per l’affitto di un appartamen­to a Bruxelles.

Dell’«inchiesta» su Thetis, che a oggi non è ancora approdata in sede penale, si è parlato ieri al processo del Mose, quando è stato sentito uno dei finanzieri che aveva eseguito la verifica e che l’1 aprile 2015, tra le carte nell’ufficio del responsabi­le amministra­tivo, ha trovato le bozze di contratto per gli anni dal 2009 al 2011 e una contabile bancaria del novembre 2009 da 2500 euro, cioè l’importo del canone di un mese. Le fiamme gialle si sono convinte che quel contratto fosse anomalo, perché non c’era motivo per Thetis di avere un pied-à-terre nella capitale del Belgio, tanto più per tutti quei soldi. Alla domanda sull’utilità, sarebbe stato risposto che serviva per i tecnici dell’azienda, ma l’ipotesi d’accusa, seppur non formalizza­ta in un’imputazion­e, è che fosse un altro «regalo» a Sartori. «Il contratto è durato solo 9 mesi - spiega l’avvocato Alessandro Moscatelli, difensore di Sartori - Il prezzo è quello del mercato di una città come Bruxelles».

Un altro dei punti centrali dell’udienza è stata la testimonia­nza di Alessandro Mazzi, all’epoca titolare della Grandi Lavori Fincosit, uno dei colossi del Consorzio. Mazzi, che si è fatto quasi quattro mesi in carcere dopo l’arresto nella «retata» del 4 giugno 2014, ha patteggiat­o due anni per corruzione, versando anche 4 milioni nelle casse dello Stato, ma ieri ha negato gran parte delle accuse. «Mazzacurat­i mi chiese dei soldi per finanziare le campagne elettorali e ho versato 300-350 mila euro di tasca mia tra il 2003 e il 2006 - ha spiegato, con il colpo di scena di un rientro dopo la fine della sua deposizion­e per correggere la prima dichiarazi­one, in cui aveva parlato di 1993 e 1996 - Con la corruzione non c’entro e non ne so nulla, come le false fatture. Il mio problema è che non ho avuto le palle per resistere al carcere». Francesca De Pol, capo della segreteria di Mazzacurat­i tra il 2009 e l’addio del 2013, si è commossa ricordando l’ultimo incontro con l’ingegnere all’inizio del 2014, prima della partenza per gli Usa, che lei percepì come un addio. «Ho lavorato tutta la mia vita per il Consorzio, dal 1987 a oggi, ci ho creduto e mi sono stupita di quello che è successo - ha detto - Mazzacurat­i era il nostro presidente».

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