Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Acqua granda, quando il mondo intero soccorse Venezia
Il 18 novembre un marconigramma del Ministero degli Interni comunica al Prefetto di Venezia il «prossimo arrivo (di) due carri ferroviari contenenti circa duecento quintali banane offerto da governo somalo». Il 27 dicembre la Croce Rossa ringrazia per «la partita di caffè,15 sacchi, 890 chili» donati dall’Instituto Brasileiro do Café. Due giorni dopo il Ministero avverte che dall’Urss il Centrosoyuz ha inviato «quintali mille di zucchero e quintali 500 di burro» da distribuire attraverso la Lega delle cooperative.
È il 1966. E pochi a Venezia sanno che tutto il mondo si è commosso di fronte alla aqua granda. L’alluvione che il 4 novembre aveva spezzato le difese a Pellestrina, inondato la città, piegato le campagne. Nelle ore convulse centinaia di fonogrammi e telegrammi giungono sul tavolo della prefettura. Il sindaco di Musile di Piave ne invierà uno all’ora, dai primi allarmi all’evacuazione: la vera tragedia, ci si accorge presto, si sta consumando nell’entroterra.
Questa è solo una parte della documentazione pressoché inedita che l’Archivio di Stato ha riscoperto a cinquant’anni da quell’evento e ha deciso di costruirci un’esposizione che aprirà oggi nella Sala Sansoviniana della Biblioteca Marciana. «Venezia 1966-2016» narra in 12 teche la storia intercorsa «Dall’emergenza al recupero»: l’Archivio ha chiesto materiali anche alle altre istituzioni della città, le Soprintendenze, il Comune, l’Unesco e i Comitati internazionali. Fotografie d’epoca, missive, rapporti raccontano quello che si è mosso fin dalle prime ore dopo la tragedia. «E che continua tuttora, se si pensa che stiamo completando ora il restauro dei volumi dell’Archivio di Stato - spiega Alessandra Schiavon, archivista capo e curatrice della mostra - Quel giorno l’acqua danneggia ben 6mila pezzi di archivio custoditi a piano terra: migliaia di pagine di atti notarili e documenti austriaci dell’800».
Tirati fuori dall’acqua, messi ad asciugare, posti fogli di carta assorbente pagina dopo pagina e imbrattati di talco: «Solo dopo si accorgono che il talco si è attaccato alle pagine, rovinandoli ancora di più. Oggi il restauro è quasi terminato».
Si mobilitarono tutti. «A leggere quella montagna di documenti, colpisce quanto la risposta sia stata rapida, massiccia, inaspettata». Eclatante è come l’aqua granda sia riuscita a sospendere per un attimo la Guerra Fredda: non solo il burro e lo zucchero dall’Unione Sovietica ma anche una quantità di patate dalla Polonia, mentre dalla Yugoslavia arrivano velieri carichi di pietra d’Istria per rifare i murazzi e 5,2 milioni di lire raccolti tra i cittadini di Skopje. «Una generosità commovente che stride con tante notizie di attualità», sottolinea Schiavon: la Somalia, oltre alle banane, invia carne in scatola e la Costa d’Avorio 400 pacchi di caffè. Davvero tutto il mondo risponde: l’Argentina manda 10 tonnellate di carne congelata, dalla Francia arrivano i biscotti, dalla Svezia stufette elettriche e cappottini per bambini, mentre il Congresso italo-americano di New York raccoglie mobili per le case. Una gara di solidarietà, che ha il volto serio e intenso di Ted Kennedy, ritratto alla Marciana mentre il personale gli spiega la tragedia. Quella storia di mobilitazione si è poi incarnata nei Comitati privati internazionali: l’Unesco decide di aprire una sede a Firenze e una a Venezia e diventa il cuore attorno cui si muove la rete di Comitati. In mezzo secolo sono stati 924 gli interventi su edifici, monumenti e opere d’arte portati a buon fine da ormai 24 comitati internazionali.