Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Fra cielo e terra La vita reale entra nei quadri
L’osservazione della quotidianità
mare come nei bellissimi due Boudin Temporale in arrivo (1864, The Art Insitute of Chicago) e Figure sulla spiaggia a Trouville (1869, Madrid, Thyssen Bornemisza), piccole fasce pittoriche sviluppate nella orizzontalità del paesaggio, minime presenze e dettagli cronachistici. Con Pissarro e il suo Castagni a Louveciennes, primavera (1870, Baden Museum Langmatt, entra in scena la luce della Senna e dei suoi dintorni, qui filtrata nel reticolo di bruni e verdi di un castagneto dove una piccola figura femminile appare nell’ombra di un tronco.
Del 1873 due visioni agresti già mature di emozione impressionista: Manet con Le rondini (Zurigo, Stiftung Bührle), dove la madre e la moglie dell’artista stese nell’erba sono avvolte da un cielo turbato e fitto di voli e Renoir con I mietitori - collezione privata - piccole bianche macchie umane nelle assolate messi, fiancheggianti un sentiero perduto verso il cielo dilavato. Tre splendenti opere a chiusura della sezione: la tenerezza di Berthe Morisot in Donna e bambina (1882, da Cardiff), figure femminili abbandonate e circonfuse nell’erba; l’intimità sfolgorante di Monet in La casa dell’artista (1873, da Chicago) tutto giocato sugli smaltati azzurro e verde; Van Gogh con Cipressi con due figure, (1889, Otterlo, Kröller-Müller Museum), fibrillante di segno e colore, insegna della ebbrezza panica.
Una sezione compatta quella dedicata alla Natura morta, poche opere di intensità significativa per tratteggiare un ponte che collega il Seicento spagnolo e olandese con il Novecento. Il tema della Natura morta non fu tra i privilegiati dai pittori dell’impressione, con le due eccezioni di Fantin Latour e, ovviamente, Cézanne, autentico reinventore del tema, capace di «stupire Parigi con una mela» - come ebbe a dichiarare. Il percorso parte da una superba prova di Manet del 1862 Natura morta con chitarra e cappello spagnolo (da Avignone Musée Calvet) dalle atmosfere delle bodegas iberiche accostata a un Cestino di fiori (1880) da Düsseldorf, sempre di Manet di gesto rapido, quasi stenografico, accanto a una più classica Natura morta: primule pere e melagrani del 1866 (Otterlo, Museo Kröller-Müller) di Fantin Latour dagli accenti fiamminghi nel dettaglio realistico. Un salto di vent’anni e la natura si fa intuizione nel Vaso di papaveri di Monet (Rotterdam, Museo Boijmans Van Beuningen) per aprire all’esplosione cromatica di Van Gogh che comprime nel «fermo colore» tutto lo scatto della vita vegetale in Bouquet di fiori in vaso blu (1887, da Otterlo). Le vicine xilografie policrome su carta dei giapponesi Eizan Crisantemo in fiore (1813) e Hiroshige Cincia su ramo di ciliegio (1837) testimoniano della forte influenza dell’arte nipponica che in quegli anni andava invadendo gusto e collezioni parigine: levità della natura colta in uno spazio sospeso. Quello spazio che con Cézanne troverà una rivoluzione; nel genio di Aix-en-Provence il genere dello still life (ne dipingerà 200) assume il peso e il ritmo del secolo a venire, il XX. Testimone ne è in mostra un’iconica tela del 1893 dal Museum Langmatt di Baden: Frutta e vaso di zenzero dove Cézanne ricompone lo spazio non intorno agli oggetti rappresentati ma dentro gli oggetti stessi; ne fa struttura spaziale compatta e insieme composita, le forme non si collocano in un ambiente ma lo popolano di esistenze dotate di una dimensione autonoma e insieme collettiva.