Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
I porti, i cinesi e il caso Venezia
Il porto di Venezia minimizza il costo dell’intera catena logistica tra Cina ed Europa. Venezia è il porto mediterraneo più vicino al baricentro del mercato italiano e di quello europeo. Se oggi in Italia non vi fosse neanche un porto e se ne dovesse attrezzare uno solo, quello più utile ai caricatori italiani andrebbe localizzato tra Venezia e Ravenna. Con Venezia preferibile per i caricatori europei. Gli operatori marittimi, portuali e logistici di oggi ci guadagnerebbero un po’ meno, ma la nostra manifattura aumenterebbe la sua competitività nel mondo. La seconda ragione è che Venezia può offrire un’innovazione che è una soluzione portuale tecnologicamente avanzata -tanto da raccogliere più di un riconoscimento internazionale in Europa, negli Usa e in Cina - capace di risolvere il problema che in questi mesi tormenta lo shipping mondiale: rendere possibile il trattamento sostenibile dei megacarichi, il vero problema logistico creato dalle mega portacontainer, valorizzando i porti esistenti. Una soluzione più efficiente anche del «seahorse shipping» che Amazon sta studiando per rivoluzionare la logistica mondiale e che non distinguerà più tra tratte marittime e terrestri. Convenienze assolute. Che Genova può integrare verso i mercati europei occidentali e Trieste non può sostituire per la sua eccentricità rispetto ai mercati italiani. Convenienze che i cinesi immaginavano apprezzate dal sistema produttivo italiano ed europeo. E che forse lo sarebbero se solo si diradasse la cortina fumogena sollevata dagli interessi consolidati dei gestori dei mari e dei porti di oggi e dalla scarsa lungimiranza della politica portuale italiana. Purtroppo nel mezzo di un assordante silenzio - unica eccezione il sindaco di Venezia, Brugnaro - delle forze economiche, sociali e politiche venete. Che il «ma anche» avrebbero dovuto suggerire di applicarlo a Trieste e Genova. Nell’interesse del Paese ancor prima che di Venezia e dei veneti.