Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«Rivogliamo le vecchie campane». E i cittadini donano 30mila euro
L’iniziativa dei campanari: «Via il suono elettrificato»
Volete mettere il suono meccanico e cristallino delle vecchie campane con la riproduzione elettronica che rende metallico e freddo l’antico richiamo alla messa e a tutte le funzioni religiose? Una «musica» contro un «playback» che suna funerario anche per le messe a nozze. Il fascino «identitario» del passato contro un’imitazione che a volte verrebbe da «spegnere» come si fa alla radio, cambiando canale. Certo, è più difficile e costoso. Ma c’è chi non si arrende e rilancia il vecchio din don «identitario». Insieme alla inaspettata rinascita della figura tradizionale del campanaro.
Succede a Rosà dove l’appello lanciato da un giovane sacerdote, don Alex Pilati, per recuperare il suono delle campane a corda, in occasione dei 200 anni del campanile, ha trovato l’adesione di diversi aspiranti campanari, tra quali molti giovani, che ora si ritrovano settimanalmente sotto la guida di un maestro campanaro. «Nel 1974 il suono delle campane fu elettrificato- osserva don Pilati,- allora sembrava fosse un conquista tecnologica. In realtà abbiamo trovato un documento del 1985 in cui la gente si lamentava perché il suono non era mai lo stesso». Ecco allora l’idea di tornare all’antico. Ma c’era bisogno di oltre 30 mila euro per acquistare le corde e armonizzare l’elettrificazione con il suono a mano. A quel punto, è successa una cosa straordinaria: «La parrocchia non ha speso nessun euro del suo bilancio: sono accorsi i cittadini liberamente», racconta don Alex.
«Un giorno si è presentata alla porta della canonica anche una anziana signora e mi ha messo in mano un’offerta di mille euro proprio e solo per le campane», aggiunge il parroco don Angelo Corradin. A Rosà sono orgogliosissimi del loro complesso campanario, composto di sei elementi, per un totale di 9500 chili, il primo nel Vicentino, il secondo nel Veneto, dopo quello del campanile della cattedrale di Verona. Il re del gruppo, «el campanon», è senz’altro «el Toni», 3.345 chili, così chiamato dal santo patrono rosatese, Sant’Antonio Abate, poi, in ordine, ci sono San Valentino 2.115 chili, Sant’Angelo 1.475 chili, San Giuseppe 1.185 chili , Santa Maria 820 chili,e, per finire, Sant’Innocenza, la campana minore, 565 chili.
Nel 1974 fu deciso di fondere le vecchie campane che erano state issate agli inizi dell’800. I meno giovani ricordano ancora la cerimonia di benedizione solenne con l’allora cardinale Sebastiano Baggio, in piazza, con il suono della Banda Montegrappa, i discorsi. E fu allora che si decise l’elettrificazione, ma senza l’entusiasmo della gente. Adesso c’è il ritorno all’antico, si torna alle vecchie corde, al sudore dei muscoli, ed ogni giovedì sera per gli automobilisti della statale 47 fermi al semaforo si presenta sempre uno spettacolo singolare: nella cella campanaria, che è illuminata e risplende nel buio della notte, le campane si muovono in silenzio. Tutti si chiedono che cosa stia succedendo. Le campane sono state zittite con il loro batocchio legato alla corona, e questo permette al gruppo di aspiranti campanari di allenarsi tranquillamente con un maestro campanaro, senza disturbare.
Oggi, a Rosà, è festa della prima comunione. Alle 10,30 i bambini andranno in processione verso il duomo, attraversando la piazza e passando sotto il campanile. «Eseguiremo un concerto preparato per loro in queste settimane», annuncia Marino Carlesso, uno degli aspiranti campanari. Ed il «la» lo darà «el Toni», mentre il «si» lo suonerà San Valentino. E ad ci sarà un concerto con campanari di tutto il Veneto.