Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Petrolio e tangenti per un miliardo È di Rovigo l’avvocato che sfida l’Eni
Massimo Ceruti e il processo milanese sul giacimento in Nigeria
Molti a Rovigo conoscono l’avvocato Matteo Ceruti, legale che a più riprese ha seguito le grandi battaglie ambientaliste del Delta del Po contro i danni del rigassificatore e le ricadute negative della centrale a carbone di Porto Viro. Pochi sanno però che il suo nome è legato al processo su quella che viene definita la «madre di tutte le tangenti», ovvero quella che Eni e Shell avrebbero versato a vari esponenti politici dello stato della Nigeria per acquisire i diritti di sfruttamento del giacimento petrolifero OPL 245, al centro di indagini italiane e internazionali per una presunta corruzione da oltre un miliardo di dollari.
Il giacimento è stato assegnato nel 1998 per 20 milioni di dollari (una parte esigua rispetto al suo vero valore) a una società collegata all’allora ministro del Petrolio Dan Etete dietro al presunto pagamento di 1,1 miliardi di dollari, di fatto trasferiti alla società del ministro, mentre il popolo nigeriano non ha intascato un soldo. Il processo vede imputati per corruzione attuali ed ex vertici di Eni tra cui il vicentino Roberto Scaroni, insieme a Claudio Descalzi, Roberto Casula, Ciro Antonio Pagaro, Vincenzo Armanna, Luigi Bisignani, Gianfranco Falcioni, vari ministri e funzionari nigeriani e tra questo Dan Etete, si sta tenendo a Milano in questi mesi, perchè una tranche di pagamenti sarebbe avvenuta proprio nel capoluogo lombardo. A raccogliere materiale e informazioni sulla tangente più grande del mondo, e a fare le prime istruttorie che hanno poi fatto partire l’inchiesta è stata la Re:Common, un’associazione che si occupa di inchieste e campagne contro la corruzione e la distruzione del territorio in tutto il pianeta. e quando è stato il momento di affidarsi a un legale per essere rappresentata al processo la Re.Commmon (che ha collaborato con gli altri due colossi The corner house e the Global witness) ha scelto di essere rappresentata da quello che ad oggi viene riconosciuto il legale più esperto d’Italia in tema di difesa ambientale, ovvero Matteo Ceruti. «Ho iniziato a collaborare con Re:Common quando mi sono occupato della Tirreno Power di Vado (centrale a carbone ormai in via di smantellamento dopo le indagini che hanno accertato il pesante inquinamento ambientale), sono stati loro a coinvolgermi poi nella vicenda Eni e nella “madre di tutte le tangenti” scoperta, ovvero quella che sarebbe stata pagata a più riprese da Eni e Shell per poter sfruttare uno dei più grandi giacimenti di petrolio africani, a scapito delle popolazioni locali che in cambio non avrebbero ottenuto nulla».
Scaroni conosce bene l’avvocato Ceruti. Si sono incontrati più volte in aula quando il manager vicentino era stato imputato insieme ad altri vertici della società, per disastro ambientale della centrale Enel di Porto Tolle. L’ultima sentenza è di tre mesi fa, la corte d’Appello ha capovolto una condanna in primo grado a carico degli ex vertici, prosciogliendoli tutti. Si attenderà l’esito della Cassazione, ma intanto la battaglia ambientalista di Ceruti non si ferma, come non si ferma la sua collaborazione con Re:common. E questo nonostante i primi di maggio il giudice non abbia accolto la richiesta dell’associazione ambientalista di costituirsi parte civile. «E’ stato comunque riconosciuto il lavoro fondamentale che abbiamo fatto - dice il presidente di Re:Common Antonio Tricarico - e non posso non riconoscere l’importante ruolo di Ceruti». La battaglia per l’ambiente continua, e l’avvocato rodigino continuerà a dare il suo contributo.