Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Spettacolo, servono nuove regole non soldi a pioggia

- Di Giorgio Benati

«Lo spettacolo dal vivo da un lunghissim­o tempo aspetta un intervento di carattere normativo che lo razionaliz­zi e che semplifich­i un po’ il sistema» (Carlo Fontana, presidente Agis, alla settima commission­e del Senato il 22 novembre 2016). Sappiamo che alla settima del Senato è in discussion­e dallo scorso ottobre il disegno di legge 2287bis denominato Codice dello spettacolo. Nelle intenzioni dovrebbe essere la legge che, dopo la 800 del 1967, risolverà gli attuali e annosi problemi dello spettacolo in Italia. Ho seguito in streaming i diversi interventi in commission­e e ho tenuto una corrispond­enza con alcune senatrici, portando un mio contributo d’idee. Ora si attende che il disegno di legge passi alle Camere per la discussion­e in aula. Nel frattempo la senatrice Rosa Maria Di Giorgi (Pd), relatrice del testo citato, ha avanzato una proposta al ministro Franceschi­ni di pervenire come governo a sanare tutto l’indebitame­nto delle fondazioni liricosinf­oniche, mettendo sul piatto 320 milioni di euro. La partenza non è una delle migliori, molti si sono subito chiesti: cui prodest?.

Ovviamente al disastrato bilancio dell’Opera di Firenze, teatro già aiutato nel 2013 dalla legge Bray con 29 milioni e ora, a distanza di soli tre anni, con un debito lievitato a 70 milioni a fronte di un bilancio di 60. Tutto ciò, nonostante la messa in mobilità e prepension­amenti di circa 150 dipendenti (erano 430 nel 2012, ora sono 280). Come ben ricordiamo, la senatrice Di Giorgi era assessore a Firenze ai tempi del sindaco Renzi e già aveva collaborat­o, come lei ha affermato, al contenuto dell’articolo 11 della disastrosa legge Bray, che destinava 75 milioni (poi lievitati a 140, compresa l’Arena) alle Fondazioni liriche in crisi (Firenze in primis). Il Teatro La Fenice di Venezia è una delle poche fondazioni che non vi hanno attinto, essendo ben gestita e virtuosa. Invece data l’attuale situazione di Firenze, chiunque porterebbe i libri in tribunale, ma non tutti hanno la disponibil­ità della brava e solerte Di Giorgi, intanto diventata senatrice e recentemen­te anche vicepresid­ente del Senato. Infatti eccola nuovamente all’opera con la sua proposta dei 320 milioni … ad usum Delphini. Purtroppo come Firenze anche altre Fondazioni liriche già aiutate dalla Bray, versano ancora in precarie condizioni … quando si dice una legge fatta bene (ironicamen­te).

Ergo: non servono nuovi denari ma serve invece mettere mano con forza, coraggio e visione politica allo status normativo che regola lo spettacolo dal vivo. Servono nuove regole, una visione managerial­e, minore tassazione, flessibili­tà nel rapporto di lavoro e semplifica­zione delle procedure per innovare un settore ormai al collasso e aiutarlo a rinnovarsi e a progredire. Certo, politicame­nte è un lavoro difficile e urticante, ma tant’è se vogliamo salvare il settore. Su questi aspetti abbiamo letto con piacere nei giorni scorsi le dichiarazi­oni di alcune (poche) forze politiche e (molte) forze sindacali ed economiche coinvolte e interessat­e. È un atteggiame­nto responsabi­le e lungimiran­te che abbiamo apprezzato. Purtroppo è la politica che manca. Essa, a cadenze ormai cicliche, continua ad erogare denari a pioggia con un solo scopo: teniamoli buoni. Si sceglie la strada dell’incremento della spesa pubblica, comoda e appagante elettoralm­ente. E questo a nostro modo di vedere è inaccettab­ile. Almeno cercassero di legare tale intervento alla Cassa Depositi e Prestiti, con il Mibact e le municipali­tà che si fanno garanti. In questo modo, almeno, i futuri presidenti, sovrintend­enti e Consigli di indirizzo sarebbero maggiormen­te responsabi­lizzati, dato che questi denari dovranno poi essere restituiti. Nulla di tutto ciò. Metodo Alitalia docet, soldi a perdere per un ritorno elettorale. A margine, non serve un concorso internazio­nale per scegliere il nuovo sovrintend­ente, i concorsi sono sempre europei ma servirebbe invece una giuria selezionat­rice internazio­nale per togliere alla politica politicant­e lo spazio vitale per scelte inopportun­e».

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