Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
CASA CALO’ IL DOCUMENTARIO
Biglietti esauriti per la prima italiana a Treviso di «Dove vanno le nuvole», reportage che racconta la scelta di un docente di ospitare sei migranti Il «prof»: «Vorremmo esportare in tutta Italia questo modello di accoglienza»
Sold out a poche ore dalla prevendita. Come il concerto di Celentano all’Arena di Verona o la prima del «Notre Dame de Paris» di Cocciante a Parigi. Solo che stavolta non si canta nè si balla ma si parla di profughi e migrazioni, quindi è doppiamente sorprendente, soprattutto nel Veneto leghista, l’entusiasmo suscitato dal debutto al cinema del documentario Dove vanno le nuvole, che sarà proiettato domani sera al cinema Edera di Treviso. Il regista Massimo Ferrari racconta come può funzionare l’accoglienza e l’inserimento dei richiedenti asilo attraverso la storia dell’imprenditore padovano Maurizio Trabuio, che li ospita nella sua Casa a colori insieme a turisti e persone in emergenza abitativa; di Domenico, sindaco di Riace; di Pietro, il regista trasformato in attore perché ha «arruolato» i nuovi arrivati nella compagnia Cantieri Meticci, a Bologna; e in particolare del professor Antonio Calò. Il docente di Storia e Filosofia al liceo classico che due anni fa, d’accordo con la moglie e i quattro figli, ha aperto la porta della sua abitazione di Povegliano (Treviso) a sei ragazzi africani. E che per questa scelta controcorrente il 10 ottobre 2016 è stato premiato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con l’onorificienza di ufficiale dell’Ordine al merito, per «l’esempio di civiltà e umanità» rappresentato.
«Mi gratifica molto che i primi 200 biglietti disponibili siano andati venduti subito — ammette Calò — tanto che il cinema ha organizzato una seconda proiezione per il 24 maggio (bisogna prenotare allo 0422-300224, ndr). Fa onore alla città di Treviso, visto il tema trattato dal documentario già proiettato alla Camera il 6 marzo scorso. Domani sera al termine del film io, il senatore
Gianpiero Dalla Zuanna e il regista risponderemo alle domande del pubblico. Ci saranno la mia famiglia e i sei ragazzi che vivono con noi e ora lavorano: svolgono i mestieri ormai rifiutati dagli italiani. Fanno i contadini, gli operai, i lavapiatti. Il messaggio che lanciamo è: si se vuole si può. Vorremmo esportare in tutta Italia e in Europa il nostro modello di accoglienza 6+6, trasformandolo in 6 migranti ogni 5mila abitanti. Così non solo l’impatto sulla popolazione locale sarebbe minimo, ma si contribuirebbe a far muovere l’economia». Per agevolare l’inserimento dei migranti, la famiglia Calò con i famosi 35 euro al giorno a profugo corrisposti dal ministero dell’Interno ha infatti assunto una mediatrice culturale, una psicologa e una insegnante. «Se tutti seguissero quest’esempio, si creerebbero migliaia di posti di lavoro solo nel nostro Paese — insiste Calò — e nello stesso tempo l’accoglienza potrebbe essere gestita con bilanci piccoli, familiari e trasparenti. Non posso pretendere che tutti la pensino come me, però devo dire che la diffidenza e le critiche iniziali con il tempo si sono trasformate in avvicinamento e condivisione».
Il documentario, proseguo naturale di Fuocoammare di Gianfranco Rosi che racconta gli sbarchi, fa vedere la quotidianità della «famiglia allargata» trevigiana, che per settimane ha ospitato anche la troupe di Ferrari.