Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Ruba una bici e prende a pugni un carabiniere Condannato a due anni
Era stato notato da un passante, ha provato a scappare
Ha sperato di farla franca, di non essere visto mentre tentava il suo colpo e di riuscire a darsi alla fuga proprio sulla bici che stava cercando di rubare.
Nulla, però, è andato come aveva previsto. Non solo è stato colto sul fatto, ma la sua corsa si è conclusa con una rissa con i carabinieri che lo stavano rincorrendo e con una pesante condanna in un’aula di tribunale. Daniele Albino Stincone, classe 1983, originario di Dolo, ieri mattina davanti al tribunale monocratico ha patteggiato una pena di due anni per rapina e resistenza per aver cercato di rubare una bicicletta e aver dato un pugno al carabiniere che aveva cercato di bloccarlo. Tutto ha origine lunedì, a metà di un pomeriggio caldo e assolato. Intorno alle 17,30 in via Venezia un passante ha notato un uomo che si muoveva in modo sospetto vicino a una rastrelliera di biciclette. Non sembrava che stesse cercando di aprire normalmente una catena, così si è spostato per dare un’occhiata più da vicino. E ha avuto ragione, perché quell’uomo chino sulle bici non stava aprendo un lucchetto con le chiavi, ma lo stava tranciando con una tenaglia. Tutto è stato molto veloce. Stincone, una volta riuscito a liberare dalla catena il suo prezioso bottino, è saltato in sella e a cercato di pedalare via il più velocemente possibile. Il testimone, però, non è restato a guardare. Afferrato il cellulare, ha subito chiamato il 112, raccontando al centralino dei carabinieri la scena alla quale aveva appena assistito e descrivendo nel dettaglio il ladro di biciclette. Arrivata sul posto nel giro di pochi minuti, la pattuglia ha così potuto rintracciare facilmente il ciclista. I due carabinieri, a quel punto, non lo hanno fatto allontanare impuntito. Lo hanno rincorso per qualche metro, finché non sono riusciti ad arpionare la bicicletta e a bloccare la sua fuga. Stincone non si è dato per perso. Ha cercato di divincolarsi, strattonando i due militari. Per qualche minuto ha lottato, arrivando anche a sferrare un pugno al volto di uno dei carabinieri.
Anche questo gesto, però, non ha avuto la conseguenza sperata. Nonostante tutte le sue rimostranze, attorno ai polsi di Stincone sono scattate le manette, con l’accusa di furto aggravato, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale.
Dopo una notte in camera di sicurezza, ieri mattina il 34enne ha dovuto affrontare un giudice. Il sostituto procuratore Sergio Dini lo ha accusato di rapina e resistenza. E Stincone ha ammesso quanto accaduto nel pomeriggio precedente, accettando il patteggiamento. Il furto e il pugno non hanno avuto conseguenze leggere: dovrà ora affrontare due anni di carcere.
PADOVA Ha preso carta e penna e ha scritto ai suoi colleghi della questura di Padova. Poche parole per dire che a Padova non sarebbe mai più tornato e che non avrebbe nemmeno messo più piede in Italia. E a chiusura della lettera, inviata con tutta l’accortezza possibile per non farsi rintracciare, Vito Pacifico, poliziotto della postale e con un passato all’ufficio Immigrazione, ha dato le dimissioni dalla questura.
Il suo però non è un addio qualsiasi perché Vito Pacifico è uno dei cinque poliziotti indagati dal sostituto procuratore Sergio Dini con le accuse (a vario titolo) di corruzione, falso e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver curato una propria clientela cinese a cui garantivano regolari permessi di soggiorno – anche quando chi richiedeva non aveva nessuno dei parametri richiesti dalla legge - in cambio di mazzette. L’inchiesta che sta arrivando alle battute finali, racconta che era stato proprio l’agente Vito Pacifico, mentre era in servizio all’ufficio Immigrazione, ad aver creato un canale con la comunità cinese di Padova per regolarizzare i clandestini dietro un lauto compenso in denaro.