Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Falsi permessi ai cinesi Il poliziotto indagato è scappato all’estero
Ha scritto una lettera: «Non tornerò più in Italia»
I trucchi usati dal sovrintendente Renzo Dalla Costa, arrestato in febbraio e ora ai domiciliari, e da Pierangelo Capuzzo, impiegato dell’Ufficio Immigrazione della questura arrestato a inizio settembre nella prima ondata dell’inchiesta (anche lui finito ai domiciliari e ora in odore di patteggiamento) e che per primi ne avevano seguito le orme, erano gli stessi. In un caso erano stati fatti passare per dodicenni due trentenni, adottati da un italiano rimasto all’oscuro di tutto e a sua volta contattato da uno studio legale.
Nei guai infatti, oltre al sindacalista Coisp Fausto Fanelli e ai poliziotti Matteo Beccaro, Devis Manoni, Gianfranco Volpin e l’ex agente della Mobile Filippo Celegato, ora in pensione, ci sono finiti anche gli avvocati Sara Soliman e Caterina Bozzoli (accusate di aver creato ad hoc i documenti per la regolarizzazione) così anche come il commercialista Piergiuseppe Meneghello e due professionisti di altrettanti studi, tra cui il centro di elaborazioni dati Unico con sede al China Ingross di Padova.
Nell’inchiesta anche i nomi di alcuni imprenditori italiani e cinesi accusati dei finti contratti d’assunzione usati dal sovrintendente Dalla Costa. Di lui il gip parla di una persona «particolarmente scaltra» prima di sottolineare come «sia gravissimo il fatto che un funzionario di polizia, in un momento di simile allerta per il terrorismo, permetta con queste modalità corruttive l’accesso e il transito di stranieri extracomunitari non identificati».